Arriva la primavera che porta con sé le prime giornate tiepide, le prime piogge e, nei campi, lungo i fossati e nei boschi, le piante ricominciano il loro ciclo, compaiono le prime foglioline e i primi germogli.
L’utilizzo di questi germogli primaverili è molto radicato nella nostra cultura culinaria, così come le lunghe passeggiate in campagna e sulle colline alla ricerca di queste erbe è una tradizione che si tramanda di generazione in generazione.
L’asparago bianco di Badoere e di Cimadolmo sono sicuramente i principi tra questi prodotti primaverili, ai quali si affiancano gli asparagi verdi e i carletti, con i quali si fanno risotti e zuppe. Ma non sono gli unici.

Ugo Foscolo in “Le ultime lettere di Jacopo Ortis” descrive la cena di una famiglia veneta, in una sera di maggio, durante la quale veniva servita una minestra di bruscandoli raccolti nei campi quello stesso giorno. Sono spesso confusi con gli asparagi, ma non sono altro che i germogli del luppolo selvatico (Humulus lupulus). Questi giovani apici si inerpicano tra i rovi che crescono lungo i fiumi e i fossati e si raccolgono nel periodo che va da fine marzo a maggio. La pianta può crescere 4-5 metri all’anno, ma se ne mangiano solo gli ultimi 20 centimetri, e più sono grossi più sono gustosi. Il sapore è delicato, a metà tra gli spinaci e gli asparagi, ed è amarognolo e dolce allo stesso tempo, inoltre hanno ottime proprietà depurative. Gli usi tradizionali dei bruscandoli spaziano dalle minestre, tra le quali quella più tipica è quella con bruscandoli e riso, molto simile ai risi e bisi, alle frittate oppure possono essere consumati lessati, anche se la ricetta che rende più giustizia al bruscandolo è sicuramente il risotto.

Altri germogli molto apprezzati sono i rustegot, gli apici del pungitopo (Ruscus aculeatus), utilizzati per frittate, risotti oppure per aromatizzare la grappa, e la barba di capra (Aruncus dioicus), conosciuta in dialetto trevigiano come sparasina, della quale vengono consumati i germogli di colore rossastro raccolti in aprile.

Diverse sono, invece, le rosoline, ovvero le foglie di papavero che vengono raccolte in primavera, quando la pianta non ha ancora il fiore e vengono consumate lessate, solitamente insieme a un’altra erba, il tarassaco o “dente di leone”, del quale si utilizzano sia le foglioline che i fiori, quando non sono ancora sbocciati.
Tra le piante spontanee è usatissima l’ortica, che dopo la cottura perde le sue caratteristiche urticanti e diventa un ottimo ingrediente per la preparazione di gnocchi e risotti.

La natura fugace di queste erbe, data la loro stagionalità, le rende impossibili da trovare in altri periodi dell’anno, quindi non resta che fare una passeggiata tra i campi, lungo i corsi d’acqua per arrivare alle colline e riscoprire queste erbe che da secoli fanno parte della nostra tradizione.

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