Serhij Žadan è uno scrittore, un poeta, un performer, un saggista, un traduttore, un attivista e un musicista Ucraino che ieri sera, a palazzo Gregoris, ha presentato il suo romanzo “La strada del Donbas”. Per qualsiasi altro autore verrebbe definita come l’ultima fatica letteraria, ma non è parsa molto più che un appropriato accumulo di parole, per quest’uomo sulla quarantina di espressioni ordinariamente profonde e ritmo vocale sincopato. L’opera appartiene a quel ristretto manipolo di romanzi apolidi che sanno forare le frontiere tra i generi letterali senza perdere la propria identità. È un racconto di viaggio, di formazione, di ritorno alla memoria, di analisi sociale nell’Ucraina dell’est; la sua prosa conta dell’affidabilità del reportage e della fumosità del surrealismo.

Herman era un ragazzo cui la città aveva regalato un “lavoro decente” e una vita senza scossoni né sorprese, prima che il suo telefono squillasse alle cinque di una mattina e una voce lo richiamasse indietro nello spazio e nel tempo. Il fratello, che aveva lasciato nella piccola città natale dell’Ucraina dell’est, è sparito senza lasciare traccia di sé ed è necessario che lui ne prenda in carico la stazione di servizio.

Herman dovrà affrontare un viaggio solo formalmente fisico, perchè tornare a casa comporterà necessariamente ripercorrere la frattura personale con il ricordo dell’infanzia, “cercare il punto luminoso che illumini il futuro”. La sua formazione sarà affidata alla scoperta dei valori terreni e istintivi di senso di responsabilità per i suoi amici, di opposizione anarchica alle forze esterne dello Stato, degli oligarchi e della politica. Sarà uomo, nello scoprire come una sola persona senza timore possa unire dei singoli in una comunità. L’azione si svolge in un’Ucraina orientale postindustriale, piatta, un vuoto senza fine. Il “campo selvaggio”, com’è noto il Donbas tra gli Ucraini, ospita una civiltà giovane ma che già cade in rovina; tuttavia, questo fragile strato culturale è la spinta che permette alle radici dei suoi abitanti di piantarsi, salde nel terreno.

“È il paesaggio, il maggiore referente che forma e guida il temperamento degli uomini”.