3.14 ovvero quattordici marzo, nel formato americano. Ma se continuassimo con 3.14159… qualcuno capirebbe che stiamo enunciando le cifre decimali del \pi. Quest’anno, durante il Pi-Day, la Giornata del Pi greco svoltasi appunto il 14 marzo, Udine ha ospitato nella sala Ajace del Municipio una conferenza dal titolo “Gli scacchi di Luca Pacioli”.

Costui, un frate francescano, insegnante di matematica e amico di Leonardo da Vinci, visse e operò tra il 1445 e il 1517. Nato a Borgo Sansepolcro in Toscana (la stessa cittadina di Piero della Francesca), viene ritratto dal pittore tedesco Jacopo de’ Barbari nel 1495, a cinquant’anni: nel “Ritratto di Luca Pacioli” lo vediamo intento a illustrare un teorema di Euclide ― a tutt’ora non si sa bene quale ― con accanto a sé un grosso libro, la Summa contenente l’ABC del far di conto dell’epoca. Al frate, infatti, si deve la divulgazione delle basi del concetto economico di partita doppia. Un anno dopo, nel 1496, Pacioli e nient’altri che Leonardo da Vinci si trovano a vivere assieme alla corte di Ludovico il Moro, per circa tre anni. Il frate insegna a Leonardo la matematica e l’artista ricambia: esce di lì a breve il De Divina Proportione scritto a due mani e contenente scritti di Pacioli e disegni di Leonardo ― per la precisioni 61 poliedri raffigurati nell’ultima parte del libro.

Come si arriva agli scacchi? Entra: Isabella d’Este. Scappato Ludovico il Moro in seguito all’arrivo di Luigi XII dalla Francia, questa giovane mecenate renderà Mantova la corte più importante dell’epoca, ospitante figure come Ariosto, Mantegna e Raffaello. Leonardo e Tiziano la dipingono, Luca Pacioli si accorge della sua grande passione per gli scacchi. Decide così di dedicare a lei il suo libricino di 127 pagine, De Ludo Scachorum. Non a caso, una delle più grandi innovazioni presenti nel manoscritto riguarderà una donna: la Regina.

Facciamo un piccolo passo indietro. Gli scacchi furono inventati in India e giunsero in Europa attraverso la Persia. All’inizio c’erano quattro giocatori con quattro pedine a disposizione di ognuno ― il Re, il Cavallo, la Torre e l’Elefante. In Europa l’elefante diventerà poi alfiere (“vescovo” in Inghilterra e “giullare” in Francia). In Persia il gioco diventa a due giocatori, quadruplicando per ciascuno le figure e aggiungendone una nuova, il Visir. Gli scacchi raffigurano metaforicamente nient’altro che la battaglia tra due eserciti e il visir accanto al re aveva di certo la sua importanza. In Europa, tuttavia, probabilmente su ispirazione di grandi figure come Isabella di Castiglia che sovvenziona le caravelle di Colombo, la donna entra nella scacchiera: una figura si fa strada accanto al re, si toglie i baffi finti e rivela la sua elegante capigliatura intrecciata sotto alla corona. È arrivata la Regina: si salvi chi può.
Se nel vecchio modo di giocare la regina poteva spostarsi solamente di una casella, a Pacioli si deve la grande innovazione del gioco «a la rabiosa» ovvero quello in cui essa può muovere in qualsiasi direzione di quante caselle le pare e piace.

Del De Ludo Scachorum, tuttavia, non v’è stata traccia per molti secoli. Menzionato nel Settecento, pareva fosse andato perduto, fino a quando nel 2006 il bibliologo friulano Duilio Contin mette piede nella biblioteca di Gorizia. Informandosi sui vanti posseduti dalla biblioteca, si vede capitare per caso sotto mano un libricino anonimo senza frontespizio, raffigurante “partiti” di mosse a scacchi disegnati in rosso e in nero. Contin riconosce immediatamente una (cit: “bruttissima”) grafia mercantesca che individuerebbe tra mille: è la scrittura di Luca Pacioli.

Oltre a Contin, in sala era presente il sindaco di Udine, Furio Honsell, che ha ricordato gli altri appuntamenti all’interno della Festa del Pi greco, dal 12 al 20 marzo, volta a promuovere la sensibilità e la cultura scientifica e matematica, attraverso corse (Pi Run, staffetta su 3,14 km), gare a squadre riservate alle scuole, una competizione mnemonica in cui vince chi si ricorda più cifre decimali del Pi greco e conferenze che tratteranno vari aspetti della vita e delle opere di Luca Pacioli, filo conduttore di quest’anno. Sono intervenuti anche lo scrittore e giocatore goriziano Paolo Maurensig e il maestro di scacchi Roberto Tamai.
Honsell ci ricorda infine che anche Dante menziona in metafora il gioco degli scacchi, molto diffuso all’epoca, nel XXVIII canto del Paradiso, riferendosi a una celebre leggenda orientale: lo scià di Persia, volendo ricompensare l’inventore degli scacchi, ricevette in richiesta una quantità di grano pari a un chicco sulla prima casella, due sulla seconda, quattro sulla terza, otto sulla quarta… Ben presto concluse che tutto il grano del suo regno non sarebbe bastato a soddisfarla, molto prima di arrivare alla sessantaquattresima ed ultima casella di quel magico bicromatico campo di battaglia, che continua ancor oggi ad appassionare.

L’incendio suo seguiva ogne scintilla;

ed eran tante, che ‘l numero loro

più che ‘l doppiar de li scacchi s’inmilla.

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