La vitalità dell’immaginazione. La violenza dell’atto creativo. La fantasia “infantile”, unica risorsa contro l’aridità dello sguardo umano. Con queste armi Joan Miró ha cercato e cerca tutt’ora di scuotere i suoi contemporanei: esplosioni di forme e colori, una tensione lancinante e una follia quasi aggressiva. Tutto nella convinzione che «l’arte può morire, ciò che conta è che siano stati sparsi dei semi sulla terra. […] Il quadro deve essere fecondo. Deve far nascere un mondo».
La mostra Joan Miró – Soli di notte, visitabile da sabato 10 ottobre a domenica 3 aprile nel complesso di Villa Manin a Passariano, si presenta come un’evidente provocazione allo spettatore: le tele esposte portano impressi il vigore e l’entusiasmo di un’anima. Il tentativo dei curatori, Elvira Càmara e Marco Minuz, è quello di «raccontare un Miró poco conosciuto, estremamente forte ed estremamente violento» a partire da un momento ben preciso: il 1956. In quest’anno, il taciturno e riservato Joan Miró, poco più che sessantenne, decide di trasferirsi nell’isola di Palma di Maiorca, lontano dalla mondanità e dalla fama internazionale che già lo accompagna. Il percorso espositivo indaga, dunque, gli ultimi trent’anni di vita del pittore catalano e ne esplora il radicale mutamento nella produzione artistica: l’abbandono del surrealismo e l’adesione all’astrattismo. La mostra è arricchita da documentari, produzioni audio e da un’importante selezione di fotografie che ritraggono Miró realizzate da grandi autori come Cartier Bresson, List, e Català Roca.
Nelle opere di Miró lo spettatore trova il desiderio d’evasione verso un mondo fantastico, dove gli oggetti hanno contorni fluidi e indefiniti. Semplici stelle, come fossero realizzate dalla mano di un bambino, si rincorrono in ogni tela quasi a creare una costellazione. Miró regala tanti piccoli cieli, solcati da uccelli fantastici, punto di raccordo fra la terra e l’assoluto. Ovunque regna la mente del pittore, che si abbandona all’immaginazione. I mille occhi della fantasia scompongono la realtà e ne stravolgono i tratti essenziali, donano nuovo colore e nuova vita, fino ad immaginare un sole che faccia splendere la notte.
La mostra è, al momento, l’evento culturale di maggior prestigio tra quelli proposti dalla provincia di Udine. L’unione tra uno degli artisti più significativi e rappresentativi del Novecento e una location d’eccezione come la settecentesca Villa Manin è certamente un’occasione straordinaria.
Nato a Chioggia il 23 dicembre 1996. Veneto di nascita, con radici istriane, udinese d’adozione. Studia Storia presso la Scuola Superiore dell’Università degli Studi di Udine. Acerrimo nemico dell’indifferenza e terribilmente curioso, assetato di conoscenza, inguaribile ottimista. Alla continua ricerca di qualcosa di cui meravigliarsi. Ama i dipinti di Monet e le poesie di Mario Luzi. Scrive per esplorare, perché non sa farne a meno.