Se un anno fa, esattamente come adesso mi avessero detto cosa ne sarebbe stato della vita oggi, non ci avrei creduto, onestamente. In una, due, tre settimane siamo passati da una situazione di totale libertà ad una di simil reclusione e incertezza semipermanente, sanitaria ed economica. Tutto quello che era il nostro tessuto sociale, economico, politico, al momento sembra sgretolarsi senza che vi sia possibilità di porvi rimedio.

La magia di un mese come aprile per il settore del vino, (perché di questo mi occupo e di questo voglio parlarvi) è stata bruscamente interrotta, lasciando ampi orizzonti colmi di dubbio e incertezza. Il Vinitaly 2020 è saltato, così come il ProWein 2020 a Dusseldorf.

Parafrasando un po’ James Barrie, possiamo chiamarlo il Vinitaly che non c’è.

Un anno senza Vinitaly per il mondo del vino è logicamente quanto di più vicino ci sia alla catastrofe, (enologicamente parlando) basti pensare a quanto è importante una fiera che muove 4.600 aziende, 80.000 tra produttori e winelover e oltre 100.000 mq2 di spazio espositivo. Puff. Sparita. Cancellata.

E allora voglio provare ad immaginarmelo questo Vinitaly, quasi una sorta di ricostruzione virtuale per provare a capire quanto questa manifestazione potesse essere potente e propositiva, ancor più dello scorso anno. Me lo immagino grande, come sempre, immenso e colorato. Le lunghe code all’ingresso degli stand più gettonati, il savoir faire di addetti e produttori, l’eleganza delle hostess e quell’aroma pungente nell’aria di vino e gioia di esser li, in quel momento. Numeri ancora più ampi dell’anno scorso, eventi fuori salone moltiplicati e un clima, per essere inizio Aprile, anche troppo caldo, ma perfetto nella sostanza.

 

Già, tutto molto bello. Ma per quest’anno resterà un sogno, più o meno distante. La realtà è che il Vinitaly come lo abbiamo sempre visto e vissuto cambierà per sempre, molto probabilmente. Con l’avanzare e l’arrestarsi (speriamo presto) di questa pandemia, saremo costretti a ripensare completamente questo tipo di fiera ed eventi in generale. Basta pensare al continuo turbinio di assaggi e degustazioni ed all’utilizzo delle “sputacchiere”, il continuo passaggio di calici usati da migliaia e migliaia di avventori. Tutto ciò sarà impensabile, così come per le feste degli eventi in giro per la città, il concetto stesso di assembramento andrà rivisto completamente. Ciò che ci aspetta nei prossimi anni, a partire già dal prossimo, sarà una sfida nella sfida, perché oltre a dover recuperare un’edizione mancata, si dovrà ripensare molto di quello che fino ad un mese e mezzo fa era la forza di questa fiera ed era dato per certo e vincente, sul piano economico e organizzativo.

 

Ci sarà da lavorare parecchio, partendo dalle cantine che dovranno trovare il modo di reinventarsi con nuovi mercati e nuove offerte, per poter essere presenti al Vinitaly il prossimo anno, o presenti in generale, fino all’ente fiera che dovrà veramente cambiare tutto perché nulla cambi, sul piano del risultato finale. Non ci aspetta un percorso facile, ma inizia da qui, inizia ora.

 

Per adesso però, questo è il Vinitaly, che non c’è.