Se c’è una cosa di cui possiamo essere certi riguardo all’enorme macchina di produzione cinematografica americana (e non), è che essa si è ormai estesa in maniera irreversibile anche al mondo delle serie tv. Fino a qualche anno fa il quantitativo di serie e serial in uscita era moderatamente limitato, ma in seguito le cose sono esplose, come solo l’American Way sa fare, e oggi si possono contare decine di serie in uscita quasi ogni giorno, molte l’inevitabile copia carbone l’una dell’altra, tanto che ormai non facciamo che essere travolti da novità seriali in maniera ancora più massiccia rispetto a quanto faccia l’industria cinematografica. È difficile riconoscere serie tv veramente interessanti nel mare di novità incombenti, ed è ancora più difficile che una novità prenda il volo e mantenga ascolti, qualità e coerenza. Ma c’è un’altra cosa di cui essere certi: insieme alla diffusione, l’altra caratteristica che le serie tv stanno adottando sempre più è anche il linguaggio cinematografico come marca di stile. Si potrebbero fare molti esempi di serie che si sono distinte per la loro cifra stilistica e per la loro scrittura di qualità, ma tra quelle di recente uscita un esempio meno noto e tuttavia meritevole è la serie in onda sul canale americano NBC: Hannibal.

La serie ha visto il suo esordio nella primavera del 2013, conquistandosi una buona fetta di ascolti, tanto da venir confermata quasi subito per una seconda stagione, ed è ormai arrivata ad una terza (in onda dal 4 giugno), senza perdere né smalto né una certa qualità. Da come i più avranno già intuito dal titolo, la serie vede come protagonista il celebre psichiatra cannibale: Hannibal Lecter, le cui sanguinose gesta hanno già visto diverse trasposizioni cinematografiche, tutte tratte dai libri di Thomas Harris. Molti storcono il naso, e già li immagino roteare gli occhi al cielo e spalancare le braccia intonando un più che giusto “ancora?”, degno di un pubblico ormai stanco di reboot dozzinali, che, la maggior parte delle volte, non fanno che lasciare un brutto ricordo di qualcosa che in partenza era stata di notevole qualità. Lo scetticismo è duro da sconfiggere fino a che non gli si da prova di essere mal fondato: Hannibal non è una serie reboot. Tra le tante novità e autentici colpi di genio adottati nella produzione e realizzazione della serie c’è anche il fattore della trama: la serie è ambientata prima di tutte le vicende narrate nei libri (e quindi anche nei film), costituendo una sorta di serie-prequel che niente ha a che fare con le origini di Hannibal the Cannibal, ma che riprende personaggi e ambientazioni del primo romanzo della serie, Red Dragon, il quale ha visto due trasposizioni cinematografiche (Manhunter del 1986 e Red Dragon del 2002). L’originalità della trama, non ancorata ai fatti dei libri e che così lascia aperte diverse opportunità, si aggiunge al fattore seriale: con 13 episodi si ha molto spazio per un approfondimento psicologico degno di un serial che tratta di crimine e psichiatria come temi portanti della storia. La qualità della scrittura è funzionale all’immersione nel mondo dell’FBI, ma anche nel mondo del (e dei) serial killer, cambiando di continuo punto di vista, facendoci impersonare anche con l’altro protagonista della serie: il detective Will Graham (personaggio presente in Red Dragon), la cui capacità empatica gli permette di mettersi nei panni di chiunque, e quindi anche in quelli meno piacevoli di un assassino.

A tutto questo si somma l’ugualmente importante aspetto visivo: Hannibal è una serie che adotta tecniche cinematografiche decisamente adatte alle circostanze, e che diventano una gioia per gli occhi. D’altronde è molto difficile che ricche scene di banchetti o di preparazione di piatti succulenti stimolino le ghiandole salivari anche se si conosce l’ingrediente principale con cui vengono preparati, e che vi assicuro non è carne di maiale. Dalla bella fotografia alla scenografia grottesca e spesso cruenta, dai bellissimi dettagli alle composizioni culinarie di tutto rispetto, frequenti time-lapse suggestivi e slow motion, fino a sequenze oniriche o di ricostruzioni di un delitto, accompagnate da una colonna sonora composta per la maggior parte di rumori inquietanti (si veda anche solo la sigla): la cinematografia in Hannibal è di sicuro uno dei punti forti della serie. Non è comune poi trovare delle citazioni visive di Shining di Kubrick, o vedere rispettata tutta la crudezza che ha reso Il silenzio degli Innocenti un film indimenticabile, per non tacere anche le performance dei due attori protagonisti: Mads Mikkelsen diventa un degno erede di Anthony Hopkins, dando un nuovo imperscrutabile volto al dottore cannibale, mentre è semplicemente eccezionale vedere Hugh Dancy perdere progressivamente il controllo nei panni di Will Graham, grazie ad un’interpretazione che vale probabilmente tutta la sua carriera.

La serie non rimane adatta a tutti i palati (è il caso di dirlo), in quanto il menù prevede scene forti, sangue, perversi giochi mentali e le terribili scene in cucina. Ultima caratteristica significativa, ulteriore denotazione di una scelta di stile del tutto peculiare: ogni puntata ha come titolo il nome di un piatto tipico, della cucina francese per la prima stagione, di quella giapponese per la seconda e vedremo quella italiana per la prima parte della terza stagione. Inquietante ed efficace.

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