Stutterer

di Benjamin Cleary, Regno Unito/Irlanda 2015, 12′, vincitore del premio Oscar 2016 come Miglior cortometraggio.

I momenti che scandiscono la vita di un giovane tipografo balbuziente sono riempiti dalle lettere in rilievo del suo piccolo laboratorio e dalle parole digitate sul suo pc nelle conversazioni su Facebook.

Il linguaggio indiretto è  l’unico mezzo di cui egli si serve per entrare in contatto con la realtà esterna, scegliendo dunque di rimanere nel silenzio della virtualità,  sia quella “meccanica” della tecnica tipografica, sia quella digitale dei social network, grazie ai quali intrattiene da sei mesi una relazione con una ragazza.

Tuttavia questa virtualità non coincide affatto con l’incomunicabilità di cui è affetta la società contemporanea (nella quale la comunicazione reale è svuotata proprio da quella digitale); è bensì una condizione necessaria per rompere proprio le sue stesse barriere, erette non dall’assenza di contenuti da comunicare e da condividere, ma da difficoltà fisioligiche e psicologiche.

I pensieri, le osservazioni  sui frammenti di vita raccolte scrutando volti e gesti, che egli numera e archivia minuziosamente nella mente, traboccano di parole e sensazioni reali troppo grandi per tramutarsi in suoni.

Un sentimento più profondo della paura lo spingerà a non nascondere più il proprio difetto e a liberarsi della solitudine a cui si è costretto.

 

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