Superato il colonnato, entriamo in quello che per l’epoca è il nucleo della città, in suo cuore pulsante: il foro. La vista che ci si pone davanti è grandiosa: è una piazza rettangolare immensa con sullo sfondo un’imponente edificio bianco. Ai nostri lati l’alto portico colonnato, raccordato alla piazza da tre gradini, fa da cornice a questo luogo pieno di vita. Sotto queste grandi colonne vi sono botteghe e taverne; ricorda molto Piazza San Marco a Venezia, ma con caratteri antichi e classici completamente diversi. Il porticato è continuo e circonda tutta la piazza, salvo interrompersi su un tratto alla nostra destra dove sorge un tempio. Nel complesso questo quadro architettonico ben razionalizzato riesce a darci il senso della magnificenza e della grandezza, non solo fisica ma anche morale, di quello che è un grande impero. Sembra assurdo pensare che ai nostri giorni una simile bellezza sia quasi del tutto scomparsa.
Ci muoviamo per esplorare meglio la piazza. Sopra le colonne notiamo qualcosa di certamente inaspettato: il fregio, ossia quella parte della struttura posta dopo l’architrave a sua volta sorretto dalla colonna, è colorato! Sono colori vivaci e variopinti che danno vita alle raffinate immagini a rilievo su scolpite. Vi sono scene raffiguranti imprese mitiche e civili, con tanto di divinità che saltuariamente compaiono: è una sorta di raffigurazione celebrativa della città e della sua storia in sé. Sopra questo quadro scolpito e colorato, vi è un attico costituito da plinti (delle colonnine tozze, squadrate e basse) con su recanti le teste di Giove Ammone e Medusa, connessi tra loro da lastre anch’esse scolpite in modo raffinato, raffiguranti quelle che sembrano delle ghirlande.
Una domanda sorge quindi spontanea: visto che abbiamo sotto gli occhi l’esempio concreto, perché le nostre ricostruzioni attuali non mostrano i colori e preferiscono rappresentare la monumentalità romana nel bianco del marmo? Semplice, questione di gusto: sin dall’Ottocento gli archeologi che studiavano nel dettaglio l’arte antica si resero conto, da piccoli indizi, che queste rappresentazioni marmoree erano colorate. Sapevano quindi, tuttavia il marmo nell’era moderna non era così diffuso come lo era a Roma durante l’impero, poiché non era difficile far arrivare questa roccia nella capitale o nelle altre città da ogni angolo del suo dominio. Sembrava allora inconcepibile, per il gusto neoclassico del XIX secolo, che il marmo, in quanto prezioso, candidamente e puramente bianco, venisse coperto dai colori. Si preferì quindi, per esaltarne la bellezza nel mondo contemporaneo, lasciare che si intendesse la scultura marmorea come da sempre bianca, finendo col tradire la sua reale storia e il gusto di un’epoca antica.
Ci addentriamo sempre più all’interno della piazza. Siamo al centro. Tutt’attorno a noi c’è un gran viavai di gente: da nobili che discutono sulle ultime questioni commerciali e politiche a bambini che giocano tra loro. D’un tratto un ragazzo ci si avvicina e, capendo che non siamo del posto, ci chiede se abbiamo bisogno di un aiuto: ci può condurre, se lo necessitiamo, da buoni avvocati per un processo o a un luogo dove riposarci o ancora a dove possiamo trovare “compagnia” senza spendere molto. Tutto molto interessante, ma a noi queste cose non servono e gli chiediamo semplicemente di farci da guida per pochi spiccioli. Accetta.
In breve ci conduce di fronte al tempio che avevamo visto entrando sulla destra: è una struttura imponente ma non così grande da rivaleggiare con quello sullo sfondo. Le sue sei colonne, poste sopra una gradinata e in fila per tre, sembrano essere in ordine corinzio, scanalate e con un capitello composito e sorreggono un frontone triangolare vuoto, senza raffigurazioni di sorta. Saliamo i gradini. All’interno del pronao, alzando lo sguardo, notiamo che il soffitto è squadrato e all’interno di ogni rettangolo vi è scolpito un fiore o una forma stellata. Di fronte, una grande entrata è affiancata ai lati da due ingressi più piccoli. Le porte, in legno massiccio, sono chiuse.
Il ragazzo ci informa che questo è il tempio dedicato alle cerimonie religiose, dai matrimoni di persone importanti ai funerali, ai riti propriamente detti. E’ la stessa funzione di una chiesa, solo molto più particolare e imponente. Poiché non possiamo entrare gli chiediamo se è invece possibile visitare un altro edificio, il cui nome ci collega a quanto abbiamo appena sentito: la basilica. Senza fare cenno a problemi, il giovane è ben contento di portarci a visitarla.
Tornati sulla piazza ci dirigiamo verso quell’enorme palazzo che fa da sfondo. Chiediamo alla nostra guida se è questa la basilica. Ci dice di sì. Non sembra essere un edificio religioso: costituito da grossi blocchi di marmo, sarà alto una trentina di metri, per settanta di lunghezza. Posto dietro il porticato che circonda il foro, è costituito da una facciata liscia con molte finestre, grandi alla base, più piccole in alto. L’ingresso lo si nota facilmente: due colonne corinzie sono poste al di fuori della fila del portico e sorreggono un piccolo tetto, analogo a quello del tempio, collegato a quello del porticato. Senza indugi, vi entriamo.
L’interno ricorda vagamente quello di una chiesa odierna: articolato in uno vasto spazio centrale, circondato sui quattro lati da 36 colonne con fusti in granito grigio di ordine corinzio, esso è suddiviso in due piani; le colonne infatti sorreggono un soppalco rialzato alto una decina di metri, a sua volta circondato da altrettante colonne che sorreggono il tetto. Il muro di fondo, opposto all’ingresso, e il muro dell’abside sono rivestiti in marmo e decorati da ordini di lesene e semicolonne, mentre la pavimentazione è in marmo bianco. Il tetto, composto da travi e assi, sembra essere di legno. In fondo alla grande sala c’è un palco con tanto di seggiola e scrivania.
La nostra giovane guida ci informa sulla funzione di questo imponente edificio: è il centro amministrativo del senato, oltre che tribunale, della città. Effettivamente, guardandoci attorno riusciamo a distinguere sia gli avvocati, per il loro atteggiamento “aristocratico”, con tanto di assistenti che portano sottobraccio le carte del processo, e i loro clienti riconoscibili per lo sguardo attento e il volto crucciato da chissà quale problema. Sembra che a breve inizierà un processo, di fatto sia la sala che il soppalco si stanno gradatamente riempiendo: evidentemente i processi interessano non solo le parti in causa ma pure quelle persone che amano parlare di gossip. Un po’ come certi nostri programmi televisivi o serie tv che parlano di scandali e tribunali.
Incuriositi e avendo un po’ di tempo, ci mettiamo seduti in attesa che questo processo cominci.
Pordenonese doc, classe 1992. Dottore di ricerca in Scienze storiche tra l’Università di Padova, Ca’Foscari di Venezia e Verona, mi piace pensarmi come spettatore di eventi che in un futuro lontano saranno considerati storia. Far conoscere al meglio e a quanti più possibile il nostro passato, locale e non, è uno dei miei obiettivi e come tale scrivo con passione per le mie amate Radici.