Segnalata tra le mostre da non perdere da Internazionale, l’esibizione Mexico del fotografo di fama internazionale Maurizio Galimberti a due piani (via Ospedale Vecchio 4, Pordenone) sarà aperta al pubblico fino al 24 dicembre 2015. Siamo stati nel nuovo luogo dell’arte per intervistare l’ideatore e padre di questo angolo di città, Leonardo Fabris.


Partiamo dallo scenario: perchè hai scelto Pordenone come casa di questo tuo progetto?
Mi sono reso conto che Pordenone, da questo punto di vista, sta offrendo parecchio. Ci sono realtà – pordenonelegge, il blues festival, dedica – che attirano persone alla scoperta della città e creano nuove opportunità per il commercio. Per me è stato un fattore determinante: accorgermi del fermento culturale e della voglia di promuovere e agire sulla cultura per creare un percorso. Questo lo si sente.

Infatti hai presentato una mostra molto bella. Trasmette il silenzio dei luoghi privati degli artisti.
Il 10 ottobre, quando ho inaugurato lo spazio alla presenza di Galimberti, ho presentato le attività che intendo ospitare qui a due piani. In accordo con la curatrice della mostra corrente, che è stata di grande supporto nell’entusiasmo che ha saputo dimostrarmi, abbiamo presentato qualcosa di inedito: la mostra Mexico, una serie di Galimberti in cui si percepiscono le tracce dei surrealisti nei loro luoghi della quotidianità. L’idea è stata da subito quella di organizzare un secondo appuntamento: il 5 e 6 dicembre Galimberti tornerà a due piani per tenere un workshop sul ritratto, secondo la volontà di collegare la mostra ad un momento successivo. Anche per dare ulteriore occasione ai pordenonesi di conoscere meglio l’artista.

Com’è strutturato lo spazio?
Al piano terra c’è la sala espositiva, che ospiterà cinque o sei mostre all’anno in un tandem tra artisti affermati e fotografi emergenti. Ho intenzione di svolgere una buona ricerca da quel punto di vista, voglio promuovere i talenti nascosti per dar loro la possibilità di vendere le loro opere. Poi c’è la parte della libreria fotografica, in cui – oltre alla selezione attuale – verranno aggiunti anche libri meno commerciali e di self-publishing, secondo la convinzione che la qualità di un libro sia indipendente dalla produzione e dalla portata della sua distribuzione. Ho voluto raccoglierli in un tavolone perchè non mi sono mai piaciute le scaffalature riempite a libri incellofanati: secondo me ogni libro di fotografia va un po’ assaporato, bisogna sfogliarlo. Sia i libri che le opere sono quindi in vendita: quelle dei big e quelle degli emergenti. Molti degli artisti che fanno parte di questa seconda categoria non hanno quotazione nel mondo del mercato dell’arte, quindi con l’aiuto della curatrice definiremo una quotazione per un corretto prezzo di vendita. Al primo piano c’è il mio studio, uno spazio ampio e flessibile, dove al mio lavoro di ritrattista alternerò una sala noleggiabile da altri fotografi e uno spazio di incontro per i workshop di vario livello – destinati a neofiti, appassionati e anche professionisti – dove studiare la postproduzione e avere un quartier generale per le uscite in gruppo.

Dalle foto dell’inaugurazione ho ricavato l’impressione che fosse venuta molta più gente di quanta te ne saresti potuta aspettare. Credo che tutti i nostri festival emettano un’idea – soprattutto fuori Pordenone – di una città molto viva.
Secondo me, da otto anni Pordenone ha vissuto un’escalation da questo punto di vista. Si percepisce lo svilupparsi di una sensibilità riguardo ai temi della cultura.

Volevo arrivare proprio a questo punto: tutti questi eventi hanno aiutato, credo, il tuo progetto. Si è creata una sorta di attitudine alla curiosità nei pordenonesi, e anche se due piani non ha direttamente a che fare con il mondo della letteratura, i cittadini hanno sviluppato la percezione che un progetto come il tuo sia adatto a poche città – e Pordenone è una di queste. Le persone poi riconoscono e premiano questo spirito.
Io ho avuto una grossa sorpresa all’inaugurazione, nonostante abbia iniziato seriamente la promozione a soli dieci giorni dall’evento con una locandina e un post Facebook. Sono stati sufficienti però a innescare un passaparola. Uno si rende conto che quello che si sta creando è qualcosa di fortemente personale – io l’ho fatto perchè la fotografia è la mia passione e il mio lavoro – quindi nel momento in cui mi sono reso conto che la gente vede in me un punto di riferimento mi sono sentito investito anche di una certa responsabilità. Il punto di forza è che le persone che entrano, lo fanno per la mostra o i libri o i workshop o per me come fotografo, e tutti questi livelli permettono a me di avere un pubblico variegato, e ai visitatori di scoprire qualcosa in più di quanto non si sarebbero aspettati. Ci sarà naturalmente bisogno di un imponente passaparola, ma devo ammettere che sono davvero contento: sto camminando con le mie gambe.

Perchè hai scelto proprio Galimberti?
Tre anni fa ho visitato la sua mostra “Paesaggio Italia” a Venezia perchè era un artista che mi aveva sempre affascinato: non sono un amante della Polaroid, ma in lui si avverte una ricerca coerente, uno stile preciso e personale. In quell’occasione ho conosciuto Benedetta Donato – che poi sarebbe diventata la curatrice della mostra Mexico – e ci siamo tenuti in contatto. A inizio 2015 ho avuto la prima idea concreta di aprire un mio spazio, e da marzo a giugno ho frequentato un corso indirizzato alla creazione e alla gestione d’impresa chiamato “Imprenderò”. E mentre molti hanno abbandonato la propria idea, a me è successo il contrario. Dopo aver trovato questo spazio in via Ospedale Vecchio, ho ricontattato Bendetta e ho provato ad avanzare l’idea di ospitare una mostra di Galimberti. Il suo, come ho già detto, è un tipo di fotografia che mi piace, e lui era un grosso artista con cui mi sarei potuto mettere in contatto. Il fatto che lui abbia scorto in quest’idea qualcosa di coraggioso e in controtendenza rispetto allo scenario economico attuale e che abbia voluto essere presente all’inaugurazione e intrecciare un rapporto con due piani è molto appagante, per me.


due piani è aperto tutti i giorni dal martedì al sabato. E’ un luogo piacevole dove scoprire qualcosa in più sulla fotografia e dove poter sfogliare e comprare dei libri senza sentirsi braccati come volpi nella stagione della caccia, e per di più si trova in una traversa di corso Vittorio: un posto privilegiato. Ha un sito web chiaro e leggero, facilmente consultabile anche da smartphone, ovvero www.due-piani.it

(per la fotografia si ringrazia Leonardo Fabris di due piani)

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