Poche settimane fa, alcune vicende di cronaca hanno portato il tema della sanità al centro del dibattito pubblico e dell’attenzione mediatica. La questione è l’eterna discussione sul diritto di decidere autonomamente per la propria salute, che fa quasi nascere un dubbio fra diritto e dovere alla salute. A questo proposito, non possiamo che assumere come punto di riferimento la Costituzione, che su questo sembra essere chiara e priva di fraintendimenti; l’articolo 32, sicuramente noto a molti, recita infatti: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività […]». La domanda che è necessario porsi ora è: cosa significa salute?

La necessità di integrare in questo termine allo stesso tempo un’accezione individuale ed una oggettiva costituisce da sempre la più grande difficoltà nel giungere ad una definizione univoca di salute. Spesso, quella più conosciuta e citata è quella proposta dall’OMS nel 1946: «La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non consiste solo in un’assenza di malattia»; questa definizione può apparire esauriente, ma di fatto esclude gran parte della popolazione mondiale e rappresenta un’utopia pressoché irraggiungibile. Il significato del termine ha vissuto, da quel momento, una lenta ascesa verso la concezione olistica, che vi vede compresi molti altri aspetti della vita dell’individuo oltre a quella che si può chiamare ‘salute biologica’.

Il culmine di questo processo è la definizione più recente proposta dall’OMS nel 1986, secondo la quale la salute è «la condizione in cui un soggetto o una comunità sono in grado di realizzare le proprie aspirazioni, soddisfare i propri bisogni e tenere testa, con successo, alle situazioni ambientali». L’aspetto rivoluzionario di questa frase risiede tutto in una parola – condizione; la salute, precedentemente concepita come il punto di arrivo di un processo, una conquista alla quale archiviazione l’individuo e la società lavorano quotidianamente, diviene invece il processo stesso, una condizione dinamica funzionale allo svolgimento di tutte le azioni che chiamiamo vita. La salute, in altre parole, è una risorsa quotidiana che deve caratterizzare l’esistenza dell’individuo e della società, ma, come tale, necessita della partecipazione dell’individuo stesso: si tratta non solo di un insieme di indici che devono rientrare in precisi parametri, ma di uno stato che la persona deve condividere. Il sociologo Antonovsky parla, infatti, di «una condizione che può e deve essere attiva anche in presenza di malattia».

Al termine di queste considerazioni, possiamo quindi affermare che la presenza di una malattia non costituisce un discriminante per categorizzare una situazione di (non) salute. Ed è proprio a questo punto che sorge la risposta – o meglio, la domanda – fondamentale: quale salute vogliamo preservare? Qual è la salute alla quale abbiamo diritto in quanto individui? Nel riflettere sulle questioni relative alla salute è quindi necessario interrogarsi su quale sia il valore che vogliamo difendere, ponendo sempre e comunque un fattore al centro della scena: la concezione soggettiva di ‘salute’.

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