E’ andato ad un fotografo italiano, Davide Lopresti, l’Underwater Photographer of the Year 2016: lo scatto vincente, intitolato Gold, ritrae un cavalluccio marino delle acque della nostra Sistiana. Nonostante il cavalluccio sia un soggetto non troppo desueto per la fotografia subacquea, quello di Davide ha qualcosa in più da dire: il suo ritratto è movimento e stasi, esprime il contrasto dei toni sotto il pelo dell’acqua e la loro complementarietà, racconta di un animale che ha riconquistato le acque del Golfo di Trieste solo grazie ad un’attenta opera di ripopolamento.


Tra la fotografia subacquea e ogni altro genere corre una differenza che non mi pare indifferente: è l’unica che richiede premeditazione, perchè senza il giusto equipaggiamento non è possibile nemmeno imbattersi casualmente in un buono scatto. Come ti ci sei avvicinato? 

In realta è solo una differenza apparente, superficiale, ogni tipo o genere di fotografia richiede attrezzature e una grande dose di preparazione specifiche, diciamo che quella subacquea è la meno comune e innanzi tutto richiede delle ottime capacità subacquee. Io sono nato a Portovenere, un piccolo paese in Liguria che si affaccia sul mare, ed ho praticato nuoto a livelli agonistici per molti anni, quindi l’elemento acqua è sempre stato il mio pezzo forte.

Ultimamente la tua attività di fotografo ha ricevuto un grosso riconoscimento, ovvero l’Underwater Photographer of the Year: la tua foto “Gold”, scattata nelle acque della nostra Sistiana, è rimbalzata sui siti di tutte le maggiori testate giornalistiche del mondo. Qual è stato il processo che ti ha permesso di realizzarla?
La foto “Gold” è il connubio di un’esposizione con tempi lunghi, per avere l’effetto di movimento dello sfondo, e un flash subacqueo con uno snoot (un cono per concentrare la luce) concentrato solo sul cavalluccio per congelarne il movimento, tecnicamente è molto difficile e non nego che è molto tempo che metto a punto piccoli accorgimenti per poter arrivare ad un risultato finale che mi soddisfacesse, è stato un lungo percorso.

Ad ottobre hai realizzato un altro scatto che i lettori di National Geographic Magazine hanno saputo apprezzare, e anche a me piace molto: si chiama “Swim” ed è stata scattata nelle acque dell’isola di Bergeggi, in Liguria. Come scegli le tue mete? 
Documentandomi e informandomi, bisogna saper essere al posto giusto e nel momento giusto, tante volte si va a vuoto, ma tante volte si riesce a fare centro, la “fortuna” non ci viene a prendere sul divano di casa, molte situazioni bisogna andarsele a cercare.

Qual è stato il viaggio che ti ha entusiasmato maggiormente?
Il viaggio a Isla Guadalupe al largo delle coste del Messico, per poter fare immesioni con lo squalo bianco, un momento veramente unico, dove noi umani siamo gli ospiti, e il grande squalo bianco fa da padrone di casa, un incontro che sognavo fin da bambino.

Le tue fotografie suggeriscono un rapporto di profondo rispetto – quasi di riverenza da marinaio – del mare. E’ davvero così? 
Rispetto ma sopratutto amore vero verso il mare, ogni aspetto della mia vita è legato al mare o all’elemento acqua, e vivendolo cosi da vicino (vengo da una famiglia di pescatori, gente che il mare lo vive sul serio) penso di avere una visione completa a 360°, le piu grandi sgridate da mio padre le ho prese quando da bambino gettavo qualche cartaccia in mare, ma è un discorso molto complesso che molti non voglione vedere, di tutela delle nostre acque e dei nostri mari, di preservazione e di mantenimento delle specie.

A cosa pensi ti dedicherai, prossimamente? 
Sicuramente al pregetto AQUApixel, lanciato da pochi giorni, un laboratorio di fotografia interamente concentrato sulla subacquea, per colmare un vuoto che manca ormai da tanto tempo, la fotosub mi ha dato tanto sotto molte forme, e in parte voglio ricambiare offrendo un servizio di post produzione e formazione a chiunque voglia avvicinarsi alla fotosub.

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