Per molti secoli, le migliori menti del consorzio umano si sono misurate nel tentativo di stabilire una connessione tra il mondo esterno, solido e triviale, e quello interiore, etereo e distante: dove ha dimora la fiamma sommessa dell’Io? Quale rapporto intercorre tra mente e corpo? Si può dimostrare il primato di una sull’altro? Nonostante questo nostro XXI secolo mantenga in esclusiva considerazione la sacralità della materia con limitante fermezza, la storia della letteratura occidentale ha scoperto in questi quesiti i propri cardini.

Venerdì 6 e sabato 7 febbraio, alle 20:45 Daniel Pennac presenterà al Verdi la traduzione, nella lingua del teatro, del suo romanzo Journal d’un corps. Si tratta di un lungo flashback in cui il protagonista racconta le vivide e tangibili percezioni sensoriali che hanno accompagnato la sua esistenza fisica dai 12 anni: un diario della vita del corpo, distinta e parallela a quella della mente. Le lacrime sulle guance, i brividi sulla pelle, le coliche dello stomaco sono gli ambasciatori della tristezza, della nostalgia, dell’angoscia; gli affetti, prima che al cuore, arrivano e si appoggiano come un velo sulla pelle; gli amori travolgono i pensieri e ingannano il giudizio; i cambiamenti della maturità suggeriscono di un paesaggio urbano in furtivo mutamento.

Il pomeriggio di sabato sarà destinato agli studenti: con il progetto Adotta uno spettacolo, l’associazione Thesis ha offerto la possibilità, a 900 studenti delle scuole superiori, di incontrare lo scrittore francese e confontarcisi in un dibattito condotto da Angela Felice.

Siamo fino alla fine figli del nostro corpo. Figli disorientati.

 

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