Una vita dedicata alla musica, vent’anni per raccogliere il materiale e due anni di scrittura per realizzare 1000 dischi per un secolo: 1900-2000.

Enrico Merlin è un musicista, compositore e storico della musica; si distacca dall’etichetta di critico e preferisce definirsi semplicemente un ascoltatore divertito. L’opera letteraria su cui è incentrato l’incontro non stila una lista dei migliori dischi di un secolo, bensì spiega cos’è successo nell’evoluzione dei linguaggi musicali mediante la registrazione. La musica vista come un linguaggio non universale, poiché non ti colpisce se non hai nessuna connessione con essa; qui infatti troviamo le 1000 opere più innovative nei vari linguaggi.

La prima opera dinamico/timbrica risale agli anni venti ed è il Boléro di Ravel. Dopo essere stata ripresa e ri-arrangiata da Toscanini, la versione originale è stata riposta nel dimenticatoio. Con un discorso sulla prassi esecutiva, l’autore punta il dito sui musicisti non più giovanissimi che, anche suonando cover, cercano di eseguire la parte imitando il più possibile l’originale senza avere il coraggio di aggiungere il tocco personale. Citando Frank Zappa (“…che siede alla destra del Padre”), noi conosciamo solo quello che ci piace. Giudichiamo sempre il libro dalla copertina e non facciamo mai quel passo nel buio, che potrebbe rivelarsi la nostra luce.

Anche la storia di Rhapsody In Blue di Gershwin non lascia indifferenti. Dopo l’incontro con Paul Whiteman, la composizione avrebbe dovuto unire il Jazz con la musica classica. Alla fine degli anni venti New York era popolata da molte comunità diverse; quella ebraica era una tra le più presenti, anche nel campo del Jazz. Purtroppo, con il passare degli anni, l’industria discografica ha preferito togliere sempre di più la matrice ebraica dalle nuove interpretazioni di Rhapsody In Blue, per lasciare spazio alle versioni più radiofoniche e con virtuosismi meno sporchi; l’idea iniziale di unire i diversi background che formavano la scena musicale è stata pian piano cancellata totalmente.

L’innovazione non si deve manifestare solo in maniera riconoscibile, non appartiene solo alla musica mainstream. A questo punto Merlin delizia il pubblico con una favolosa analisi del pezzo My Funny Valentine di Miles Davis; l’esecuzione dal vivo è a da brivido. La musica respira sul palco ed è in contatto costante tra i musicisti e il pubblico.

Alla base della nostra ancestralità risiede la musica. Le stesse radici della civiltà cercate anche da una Thrash Metal band brasiliana negli anni ’90. Loro sono i Sepultura e durante la scrittura dell’album Roots hanno attraversato l’Amazzonia per entrare in contatto con la tribù degli Índios Xavantes. Qui sono ritornati alla vera natura del Brasile, registrando assieme un pezzo acustico in presa diretta.

Tra gli applausi dell’ Auditorium Vendramini, l’incontro si conclude sulle note del pezzo Ratamahatta. Una storia di passione, di amore e di fedeltà. La musica è un’arte e come tale, deve lanciare un messaggio forte. È un caso se l’unico nostro senso che non possiamo escludere totalmente è l’udito?

 

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