Forum Iulii, Foro di Giulio: nome di una città che poi si sarebbe esteso ad indicare un’intera regione. Così era nota Cividale del Friuli, tra le più antiche realtà urbane del nord-est italiano: sorta in un’area abitata da veneti e celti, in cui già dal II secolo a.C. vi era probabilmente un castrum (o accampamento militare) romano, del piccolo e primitivo nucleo urbano si cominciò ad avere notizia tra il 56 e il 49 a.C. allorché venne elevato al rango di forum (mercato) dal famoso Giulio Cesare.
Il generale, e in seguito dittatore di Roma, infatti nutriva per quest’area della Penisola un notevole interesse, poiché la sua natura geografica e climatica ben si prestava ad ospitare in inverno le legioni destinate alle Gallie (non era un caso che proprio la vicina Aquileia fosse stata una delle località più frequentate dallo stesso Cesare durante le guerra galliche). Di fatto, la prima fortuna di Cividale si dovette molto ai legami che la località aveva con la Gens Iulia, la famiglia del condottiero romano.
Elevata poco dopo a municipium (città autonoma legata a Roma), Cividale continuò a crescere in importanza assumendo il titolo onorifico di colonia (città autonoma abitata da cittadini aventi gli stessi diritti degli abitanti di Roma) venendo per questo ed altre ragioni inserita nella X Regio Venetia et Histria. Sopravvissuta alle invasioni dei Quadi e dei Marcomanni (167 d.C.), la fortuna continuò ad assisterla in occasione dell’arrivo di Attila (451 d.C.), il quale, puntando alla capitale della regione, Aquileia, non le diede grande importanza. Rasa al suolo quest’ultima, la città divenne il nuovo centro politico e amministrativo del territorio, una funzione che mantenne per lungo tempo e che contribuì a dare il nome odierno di Friuli al territorio circostante.
Con l’arrivo dei longobardi Cividale divenne la prima sede del ducato di re Alboino, venendo ribattezzata Civitas Austriae (da cui poi prese l’attuale nome) e finendo successivamente ereditata dal figlio Gisulfo. Costui fu il primo di una lista di diciassette duchi che governarono il territorio friulano fino al 774. Un periodo che comunque non fu tra i più pacifici, sebbene caratterizzato dall’edificazione di quelle meraviglie architettonico artistiche ancora oggi ben visibili: durante il regno di Gisulfo II del Friuli, nel 610, fecero capolino in regione gli Avari che, già noti per la loro ferocia e scorrerie, devastarono completamente la città.
Divenuta residenza dei patriarchi di Aquileia e caduto il ducato longobardo per mano di Carlo Magno, Cividale mantenne il ruolo di capitale entro la neonata Marca del Friuli, ruolo che fu suo anche successivamente proprio grazie alla presenza patriarcale e alla decadenza della stessa Aquileia. Finché nel 1222, colpita da un forte terremoto, essa dovette cedere il passo a Udine, scelta come nuovo centro del Patriarcato. Non solo: per tutto il Medioevo la città, pur mantenendo comunque una certa importanza nel contesto regionale, dovette confrontarsi anche con l’espansionismo dei vicini Conti di Gorizia, i quali non nascondevano il desiderio di diventare padroni del Friuli.
Per tutta una serie di motivi, ciò contribuì alla difficile situazione che si era venuta a creare nel XV secolo in seno al Patriarcato. Ad approfittarne fu Venezia: Cividale, sperando di riottenere finalmente quel ruolo di egemonia che in passato aveva fatto le sue fortune, si era sin da subito schierata a favore della conquista veneziana della Patria finendo poi delusa quando la Serenissima, per la sua posizione strategica, preferendo il mantenimento di Udine come capitale, la relegò al rango di avamposto direttamente controllato dalla Laguna in difesa del territorio friulano.
Fatta eccezione della guerra della Lega di Cambrai, scoppiata tra Venezia e buona parte degli stati europei, durante il dominio veneziano Cividale conobbe un lungo periodo di tranquillità, interrotto solo dall’arrivo delle truppe francesi di Napoleone: dapprima ceduta all’Austria in virtù del trattato di Campoformido, dopo una breve parentesi entro il Regno napoleonico d’Italia, essa divenne parte del Regno Lombardo Veneto, venendo inserita nella Provincia del Friuli come capoluogo del XIII Distretto. Come nel resto del Paese, il Risorgimento e l’unità d’Italia vennero molto sentiti: a seguito del plebiscito dell’ottobre 1866, Cividale venne ufficialmente annessa e integrata nel neonato Regno d’Italia.
Quello della seconda metà dell’Ottocento fu un periodo molto vivace, sia a livello politico che sociale che economico: in questi anni la città, teatro di una grande attività politica, venne collegata a Udine dalla nuova ferrovia della Società Veneta. Ma fu la prima metà del Novecento a segnare drammaticamente la sua storia: se durante la Grande Guerra Cividale, in quanto città al fronte, subì le conseguenze dei bombardamenti e dell’occupazione austro-tedesca (con la distruzione da parte dell’esercito italiano in ritirata del famoso Ponte del Diavolo), durante la Seconda guerra mondiale essa e il suo territorio, in piena occupazione tedesca, furono oggetto di scontri furiosi tra le brigate partigiane osovane e garibaldine, queste ultime a supporto delle mire espansionistiche jugoslave nel Friuli orientale.
Assunto nuovamente il ruolo di città di confine dopo la guerra, analogamente al resto d’Italia la città conobbe un periodo di rinascita economica derivata non solo dalla volontà imprenditoriale dei suoi cittadini in ambiti quali l’agricoltura, per lo più a coltivazione vinicola, l’industria e l’artigianato, ma anche dalla sua straordinaria bellezza, non disdegnata dal turismo. Nel 2012 Cividale è stata annoverata come Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’UNESCO.
Pordenonese doc, classe 1992. Dottore di ricerca in Scienze storiche tra l’Università di Padova, Ca’Foscari di Venezia e Verona, mi piace pensarmi come spettatore di eventi che in un futuro lontano saranno considerati storia. Far conoscere al meglio e a quanti più possibile il nostro passato, locale e non, è uno dei miei obiettivi e come tale scrivo con passione per le mie amate Radici.