Quando gli spettatori sono andati al Teatro Verdi sabato 12 Marzo per il finale di Dedica Festival non immaginavano quello che sarebbe successo di lì a poco sul palco, non potevano sospettare che lo spettacolo di Rachid Taha e Couscous Clan li avrebbe coinvolti tanto da farli scomodare dalle poltrone.

Con un vasto repertorio musicale che vagliava vari generi, un Oran métissage (dal nome dell’appuntamento, cioè un incontro di culture diverse a Orano, città algerina), l’artista, che ha collaborato con vari artisti internazionali, tra cui Patti Smith, Robert Plant, Fadel e Khaled, non solo ha intrattenuto il pubblico, ma lo ha trasportato in un altro mondo fatto di note musicali esotiche e profumi orientali, che si mescolavano incredibilmente bene alla cultura musicale occidentale.

Nato a Sig in Algeria, e trasferitosi a Parigi, Rachid Taha racchiude nel suo stile, spesso definito “avventuriero”, influssi della tradizione algerina, come il Chaabi originario di Casbah e derivato dalla musica araba e berbera (in algerino chaabi significa folk); importante anche il pop-raï, un interessante connubio di musica algerina, nato nella città cosmopolita di Orano come strumento di espressione di “opinioni” e “consigli” (traduzioni di raï), e il mondo del rock occidentale, rappresentato da strumenti elettronici, come in questo caso la tastiera suonata da Kenzi Bourras, Juan de Guillebon al basso, Franck Mantegari alla batteria, e infine Hakim Hamadouche all’oud, lo strumento arabo definito “il sultano degli strumenti musicali”.

L’artista stesso, in un’intervista per il Messaggero Veneto, ha affermato riguardo alla sua musica: “La mia musica è come il cous cous, una pietanza ricca di ingredienti e di sapori. Cosí è il mio spettacolo, una ricchezza infinita di colori e di sapori, di ritmi e di suoni. Ecco cosa succederà sul palco del teatro che ci ospita. Sarà un concerto festoso, anzi una vera e propria festa in allegria e gioia puro rock’n’roll condito con il cous cous!”

L’aspetto più interessante della performance è stato l’incredibile coinvolgimento che gli artisti sono riusciti a creare, e il pubblico non si è sentito solo ascoltatore passivo ma attore attivo, in quanto per ogni brano c’era la possibilità di dare un proprio contributo, tenendo il ritmo a suon di battiti di palmi e piedi, oppure durante il brano Ecoute moi camarade era richiesto una solidale esclamazione “Oh” di comprensione dei problemi del protagonista della canzone, e infine anche la partecipazione vivamente sentita con balli scatenati vicino al palco, sia per la famosa Rock el Casbah, cover di Rock the Casbah dei Clash dove il punk incontra la musica araba, sia per una canzone più tradizionale come Ya Rayah (tradotto “tu che parti”), una cover del brano di Dahmane El Harrachi (1926-1980), un invito a restare o a tornare una volta partiti, un buon augurio per coloro che sono intrappolati in situazioni difficili lontani da casa in territori occidentali più o meno ospitali, in bilico tra la nostalgia per la casa e per la famiglia e il sogno di riuscire a tornare in patria realizzati.

Si è trattato dunque di una serata all’insegna del divertimento, in cui artisti e pubblico sono stati artefici e vittime del fascino di luoghi fuori dallo spazio e dal tempo, in cui la musica araba e francese si sono unite pacificamente dopo anni di colonizzazione dell’Algeria da parte della Francia come nel caso del brano Ah mon amour, dove non si sono sentiti limiti quali l’incomprensione della lingua in quanto nonostante ciò si aveva la possibilità di apporci un personale messaggio e sentire ogni brano come il proprio.

2 Comments

  • ElleD, 15/03/2016 @ 00:58

    Credo che per un artista sia estremamente importante il rapporto che riesce a creare con il pubblico. Coinvolgere persone di diverse età e far si che si divertano e apprezzino la musica è qualcosa che non tutti riescono a fare, soprattutto quando per il pubblico il musicista è sconosciuto. Poco importa che questo sia internazionale o locale, se riesce a “muovere” gli spettatori, allora è certo che sappia fare il suo lavoro. Proprio per questo temo di essermi persa una bella serata, ma in fondo sono felice che musicisti di questo calibro abbiano intrattenuto la serata finale di Dedica Festival a Pordenone!

  • Iulia Bratosin, 17/03/2016 @ 15:36

    Hai proprio ragione ElleD, la sintonia che si è creata tra artisti e pubblico ha migliorato una serata che già prometteva bene, l’atmosfera giusta è stata creata da entrambe le parti! Sicuramente coloro che hanno assistito hanno avuto una piacevole sorpresa, e grazie al passaparola alla prossima occasione ci potrà essere più partecipazione a questi eventi unici che si possono trovare a Pordenone!

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