Era uno degli eventi più attesi nel programma di LibrINsieme e non ha deluso le aspettative, come dimostra la gremita sala conferenze ricavata all’interno del padiglione 8 di UdineFiere dove si è tenuto l’intervento dello scrittore Mauro Corona in occasione dell’inaugurazione della manifestazione tenutasi giovedì 26 novembre.  Senza peli sulla lingua, diretto e tagliente come al solito e come lui stesso ci tiene a sottolineare: «so che da questa serata ne uscirò rotto, ma a me piace dire quello che penso».

Intervenuto per presentare il suo ultimo libro Favola in bianco e nero, lo scrittore, scultore e arrampicatore di Erto non ha risparmiato stilettate a nessuno. D’altronde non poteva essere altrimenti dato il tema trattato nella sua ultima opera che è una favola sì, ma cattiva, «cattiva come il Natale» sostiene. Attraverso una serie di episodi narrati nel suo libro, Corona vuole denunciare aspetti critici e controversi della nostra società. La critica è rivolta in particolare ad aspetti dell’uomo come l’incapacità di accettare il diverso o l’essere perennemente portatori di rancori per qualsiasi stupidaggine. La metafora del bambin Gesù (simbolo di cristianità) di colore che compare nei presepi di uno sperduto paesino di montagna rimanda proprio a questi temi. L’immediato stupore e rigetto che l’inaspettato evento suscita negli abitanti del paesino dimostra come tutti in fondo siamo razzisti, anche e soprattutto chi va in chiesa per il solo timore del castigo.

Incalzato dal presentatore Gian Mario Villalta, Corona conferma poi che è l’ipocrisia ad essere il male peggiore per l’umanità, un’ipocrisia insita proprio nell’animo umano, da cui sembra sia impossibile sottrarsi. «La guerra siamo noi», dice, «sono stufo di vedere gente che diventa buona solo a Natale, che va in chiesa e nemmeno saluta il conoscente di turno o, se lo fa, in cuor suo gli augura un malanno». Corona sostiene che l’uomo non riesca a non provare invidia per coloro che riescono bene in qualcosa e che nella maggior parte dei casi i complimenti siano solo “di facciata”; riporta anche esempi personali, come la ferita (ancora aperta) del premio Campiello perso in finale, a sostegno della sua tesi.

Altro episodio presente nel libro è quello del latte di capra e di pecora. I due protagonisti, nonostante un vita ricca di successi che li ha portati ad essere uno un’autorità politica, l’altro una religiosa, continuano ad osservare ogni giorno e in ogni situazione il “rito” dell’assunzione del latte che da bambini aveva salvato loro la vita. La metafora in questo caso vuole comunicare come l’uomo dovrebbe appunto riconoscersi per ciò di cui si nutre, per ciò che è, non per le medaglie o i titoli. I protagonisti di questa storia sono personaggi reali che l’autore però non vuole svelare: «a loro è affidata la salvezza del mondo, ma non posso dire chi sono». Proprio sul tema salvezza si è concentrata la seconda parte dell’incontro. Se l’uomo è così “cattivo” su cosa si può puntare per risollevarsi? A questa domanda Corona risponde senza esitazione: «sui bambini, essi sono puri, onesti e geniali fino a che non inseguono la mediocrità degli adulti». Sono tre gli aspetti a cui appigliarsi: famiglia, scuola e semplicità; come un albero che crescendo si curva viene aiutato a raddrizzarsi, allo stesso modo i bambini vanno seguiti e curati con dolcezza, non ammaestrati.

Sul suo libro Corona dice: «è dedicato al mio amico Icio» (scomparso ad Agosto). «Compratelo, non serve che lo leggiate» annuncia dopo aver sorseggiato l’immancabile taglio di rosso, «io scrivo per vendere in fondo, ma lo faccio col cuore». L’autore conclude infine augurando a tutti un Natale «povero e creativo». Che piaccia o meno non si può certo dire che Mauro Corona non sia un personaggio genuino che catalizza sempre l’attenzione.

Lascia un commento