E’ capitato a tutti, purtroppo, di avere un parente cardiopatico, di aver assistito all’arresto cardiaco di un passante su di un marciapiede affollato o in un bar, di aver sentito le sirene dell’ambulanza fermarsi alla porta del vicino. Ad oggi sono ancora le malattie cardiovascolari a mietere il maggior numero di vittime, numero che resta ancora più alto dei decessi causati da tutte le patologie oncologiche messe insieme. Non suonerà come una cosa graziosa, ma forse è meglio così: sono decisamente molte di più le armi che abbiamo a disposizione per proteggere e curare il nostro cuore. Impariamo a conoscerle.

L’ANMCO (Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri) organizza anche quest’anno la settimana delle “Cardiologie aperte“, a cui il Dipartimento Cardiovascolare dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria “Ospedali Riuniti” di Trieste aderisce con varie iniziative volte a far comprendere a tutti l’importanza dell’agire attivamente a difesa del proprio cuore: prevenire (sembrerà incredibile ma la prevenzione funziona, non sono solo chiacchiere), conoscere il proprio rischio cardiovascolare, sapere cosa fare nel caso si assista ad un arresto cardiaco (la corretta azione di un testimone in attesa dei soccorsi può davvero salvare la vita).

Si comincia oggi, 10 febbraio alle ore 17.30 presso la Sala Millo di Piazza della Repubblica a Muggia, con un incontro in cui interverranno il Dott. Andrea di Lenarda, che presenterà lo stato attuale dei servizi offerti sul territorio in ambito cardiovascolare, e il Dott. Giorgio Faganello, che aiuterà a comprendere il ruolo della diagnostica per immagini in ambito cardiologico.

Domani, 11 febbraio, dalle 16.00 alle 18.00 viene proposto “Trieste in..…MOVIMENTO”, incontro al Caffè San Marco per parlare di prevenzione cardiovascolare assieme alle istituzioni e alle associazioni sportive e di volontariato che promuovono uno stile di vita attivo. Sarà presentato il calendario delle attività organizzate da febbraio a giugno 2016 per l’iniziativa “Cammina Per il Tuo Cuore” che propone semplici ma salutari passeggiate, non impegnative e in gruppo.

Sotto lo sguardo del Prof. Gianfranco Sinagra (Direttore del Dipartimento Cardiovascolare dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria “Ospedali Riuniti” di Trieste) e di tutto lo staff Medico-Infermieristico-Fisioterapisti della SC di Cardiologia, insieme con le Associazioni di volontariato, verranno aperte le porte della Cardiologia di Cattinara dal 10 al 12 febbraio dalle ore 17 alle ore 19: nell’atrio, ci sarà la possibilità unica di imparare gratuitamente come riconoscere e cosa fare durante un arresto cardiaco (con esercitazione sul manichino), verranno illustrate le più moderne procedure di correzione delle patologie coronariche e valvolari e si avrà inoltre la possibilità di misurare la pressione arteriosa, la frequenza cardiaca, la glicemia e l’assetto lipidico (conoscendo così il proprio rischio cardiovascolare), non che di parlare con lo staff di medici e infermieri per chiarire qualsiasi dubbio e chiedere informazioni (anche, per esempio, riguardo alla riabilitazione di una persona cara malata di cuore).

 Il 13 febbraio alle ore 14:30 presso l’Aula Foreman Casali al piano terra del Polo Cardiologico di Cattinara, inoltre, si terrà un incontro ufficiale con il Prof. Gianfranco Sinagra ed alcuni Cardiologi della SC di Cardiologia, che illustreranno l’importanza dell’immediato riconoscimento e trattamento dell’arresto cardiaco, della prevenzione dei fattori di rischio cardiovascolare e del grande valore delle donazioni.

Mi permetto di aggiungere qualche dato per smentire due grandi luoghi comuni: il primo, secondo cui i malati di cuore sono tipicamente anziani, magari obesi, ad ogni modo visibilmente compromessi, riconoscibili e “condannati”; il secondo, che vede la patologia cardiaca come qualcosa completamente al di fuori del raggio d’azione dell’uomo, concezione che culmina nell’interpretare un “attacco di cuore” come un evento quasi voluto da una divinità, di fronte a cui gli astanti non possono che fare un passo indietro. Non vorrei essere fraintesa su questo ultimo punto: certamente la scienza medica e la mano dell’uomo hanno dei limiti piuttosto marcati, però spesso di fronte al cosiddetto “attacco di cuore” abbiamo molte più possibilità di quelle che crediamo, discorso che vale soprattutto per i “non addetti ai lavori”.

Si calcola che in Italia, su 100 casi di arresto cardiaco in presenza di testimoni, solo in 20 casi qualcuno effettivamente provi a fare qualcosa in attesa dei soccorsi. Questo comporta che in Italia, sempre su 100 casi, solo 40 riescano ad arrivare vivi in ospedale. Calcolando poi la mortalità intraospedaliera, nel nostro paese la possibilità di sopravvivere ad un arresto cardiaco avvenuto, ad esempio, per strada è circa del 10%. Dati ben più confortanti giungono da altri paesi europei, soprattutto dai paesi scandinavi, dove si arriva a fortunati esempi di intervento dai parte dei testimoni nel 75% dei casi, con significativo incremento delle possibilità di sopravvivenza (fino al 25%).

Se fosse maggiormente diffusa la conoscenza del BLS (Basic Life Support) e della “catena della sopravvivenza” da parte dei cittadini, probabilmente anche da noi 50, 60, 70 casi su 100 riuscirebbero ad arrivare vivi in ospedale e qualcuno in più potrebbe essere salvato. Contando che solo nella provincia di Trieste avvengono circa 250 episodi di arresto cardiaco extraospedaliero all’anno, che ad ogni minuto che passa si perde circa il 10% di possibilità di recupero (tradotto, bisogna iniziare la rianimazione cardiopolmonare entro i primi 5-10 minuti) e che le ambulanze impiegano circa 8 minuti ad arrivare in un qualsiasi punto della provincia, spero emerga chiaramente l’importanza di un intervento tempestivo da parte dei testimoni.

Per quanto riguarda il primo grande luogo comune che avevo chiamato in causa, penso di poter purtroppo lasciar parlare da sole le prime pagine dei giornali e le esperienze personali di molti: non è tanto infrequente che si senta di giovani atleti più o meno famosi che si accasciano a terra in diretta, amici di amici che hanno avuto un arresto cardiaco al bar, in università, in discoteca. Fortunatamente in Italia la prevenzione primaria, che si manifesta con l’obbligo del certificato medico per l’attività sportiva agonistica, ricopre un ruolo fondamentale, ma non è così raro che persone apparentemente sane nascondano anomalie cardiache non diagnosticate tali da condurle ad un arresto cardiaco del tutto inaspettato.

Lungi dal voler fare terrorismo, il messaggio che la settimana delle “Cardiologie aperte” vuole far passare è un messaggio di speranza e incitamento alla formazione: si può davvero fare qualcosa ed il tempestivo e corretto intervento (di prevenzione, di assistenza, di soccorso) di ognuno di noi può salvare la vita a qualcuno. Cogliete questa occasione.

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