Ieri sera a librINsieme è stato il turno di Tommaso Cerno per presentare il suo ultimo lavoro intitolato A noi!. Si tratta di un saggio che vuole essere provocatorio e al tempo stesso far riflettere, dove emerge in maniera chiara e diretta la tesi dell’autore: «in Italia siamo ancora fascisti, è un fenomeno politico macchiettistico, che abbiamo nel sangue».

Una tesi aspra, pungente che a molti potrà sembrare scomoda o assurda, ma che Cerno riesce ad argomentare in maniera efficace, forte soprattutto dell’accurata ed approfondita ricerca storica che lo ha portato alla stesura del suo libro. Il giornalista, noto anche per essere una firma dell’Espresso oltre che direttore del Messaggero Veneto, comincia il suo intervento facendo notare come gli italiani saranno sempre pronti ad acclamare come capo colui che darà loro ciò di cui hanno bisogno nel momento in cui lo vogliono. Quando esso non sarà più in grado di soddisfarli ecco che il “piccolo fascista” che risiede nell’animo dell’italiano medio sarà pronto ad uscire per fare la “rivoluzione”. Una rivoluzione fittizia però, perché di veri stravolgimenti nati dal popolo non ce ne sono mai stati, la gente non è mai scesa in piazza per cambiare davvero le cose. L’autore ci tiene inoltre a puntualizzare la differenza tra un capo e uno statista. «Uno statista porta il Paese in una nuova era, un capo lo porta nella mani di qualcun altro» dice, per poi aggiungere che: «da quando esiste, la nostra Repubblica non è mai riuscita a produrre un vero statista, siamo semplicemente passati da un capo all’altro».

Come detto è la ricerca storica ciò che costituisce la forza di questo libro. L’autore infatti ripercorre settant’anni di storia italiana tessendo una fitta rete di analogie tra i vari uomini che si sono susseguiti al potere. Ecco dunque che emergono caratteri comportamentali che si ripresentano simili, se pur adattati al contesto, nei protagonisti di ieri e di oggi. Così come Mussolini si chiuse nelle sue stanze insieme all’amante Claretta Petacci, similmente Berlusconi passò gli ultimi istanti della sua stagione politica chiuso a Palazzo Grazioli circondato da donne e dagli ultimi fedelissimi. Altra analogia si può riscontrare nel modo in cui sia Mussolini che Prodi vennero “traditi” dai loro uomini di fiducia.

In ogni caso il vero protagonista del libro rimane l’italiano medio che secondo Cerno “dà adesione ad un capo per simpatia o dissonanza con tutti gli altri”. Il vero dissenso non c’è mai stato, si è pronti a contestare un leader soltanto nel momento in cui questo non è più in grado di soddisfare le proprie richieste, vivendo la politica con animosità da “tifo da stadio”, ma cambiando bandiera da un giorno all’altro. Proprio su questo aspetto Cerno tiene a precisare la differenza tra il fascismo storico fatto di dittatura, guerra e sciagure e quello degli italiani, contraddistinto da opportunismo e disinteresse per ciò che è stato. «In Germania», fa notare, «è stata fatta una vera e propria Denazificazione, qui invece nemmeno si apre il balcone di Palazzo Venezia e sulla morte del duce non si è mai fatta chiarezza, questo perché ci vergogniamo di ciò che è stato, ma non lo vogliamo davvero superare».

Un tema assai delicato dunque quello che tocca Cerno e la conclusione a cui giunge sembra non lasciare via di scampo. L’autore però ne sembra consapevole e anzi sostiene che il suo libro «vuole essere un invito ad una riflessione profonda, senza la quale le cose non potranno mai cambiare». Ciò che ci sentiamo di dire in conclusione è che Cerno sia riuscito perfettamente nel suo intento. 

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