Se in questo momento mi chiedessero qual è il luogo perfetto, in cui mi trasferirei immediatamente, senza perdere nemmeno un secondo di tempo, risponderei senza esitazione l’isola di Guernsey nel 1946, subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. È un luogo in cui campagna e città convivono alla perfezione, in cui una è il naturale prosieguo dell’altra, fino a creare l’armonia perfetta; in cui la mera apparenza lascia il posto alla sincerità, alla lealtà, alla complicità; in cui la conoscenza diretta e approfondita prevale sul semplice sentito dire; in cui è la fantasia, l’immaginazione, ad aver tenuto in vita la voglia di combattere e di ottenere nuovamente la libertà, quella libertà di cui gli abitanti sono stati (solo momentaneamente) privati dagli invasori tedeschi.

A Guernsey vive Eben Ramsey, pescatore di professione e intagliatore per passione, che alleva il nipote Eli dopo la morte della figlia di parto; vi abita Isola Pribby, esuberante, curiosa, sincera, esperta conoscitrice di erbe che mescola in strane pozioni; si può incontrare Amelia Maugery, affascinante signora di mezza età, sempre disposta a fornire aiuto ovunque fosse necessario. Ma, soprattutto, si può fare la conoscenza di Dawsey Adams – giovane timido ma dalla straordinaria capacità persuasiva, generoso e sempre disponibile –, e sentire raccontare innumerevoli storie e aneddoti su Elizabeth McKenna, giovane donna estremamente forte, audace, che non esita a mettere in pericolo sé stessa per salvare gli altri.

Sono figure differenti, ognuna immediatamente riconoscibile nella propria diversità; che hanno fatto dell’unicità la loro forza, ognuno indispensabile e fondamentale per gli altri, quasi fossero pezzi di un puzzle destinati a incontrarsi e a completarsi. Ed è nella comune passione per la lettura che trovano il loro punto di contatto fondamentale, quello grazie al quale hanno l’opportunità di conoscersi davvero; passione scoperta per caso, grazie alla fondazione – inizialmente solo fittizia, ma poi reale – di un club letterario, il “Club del libro e della torta di bucce di patata di Guernsey”, creato per dare seguito a una bugia di Elizabeth, inventata per salvare sé stessa e i suoi amici da un probabile arresto.

Ed è proprio grazie a questo loro interesse che la scrittrice Juliet Ashton entra, per caso, in contatto con tutti loro: ella, attirata dal nome insolito – e incredibilmente affascinante – della loro società letteraria, decide di renderli protagonisti del suo successivo libro, certa che la storia del club, unita ai racconti delle vicende personali dei suoi partecipanti, possa costituire materiale interessante e intrigante, oltre che assolutamente inusuale.

Ciò che non sa – e che non può sapere – è che è lei in prima persona ad andare incontro a un cambiamento radicale quanto inaspettato.

L’animo sincero, genuino e spiritoso di Juliet, profondamente innamorato della parola scritta e fermamente convinto che essa costituisca un aspetto necessario e imprescindibile nella vita di ciascuno, non può che essere inevitabilmente attratto dalla semplicità e dalla generosità della gente di Guernsey, con cui si scopre in profonda e costante sintonia e con cui intreccia un fitto epistolario, prima di salire su di un battello e navigare sulla Manica per raggiungerli.

Ecco ciò che amo della lettura: di un libro ti può interessare un piccolo particolare, e quel piccolo particolare ti condurrà a un altro libro, e da lì arriverai a un terzo. È una progressione geometrica, di cui non si vede la fine e che ha come unico scopo il puro piacere.

Tutto ciò che porta Juliet a Guernsey può essere visto come frutto di questa progressione geometrica, il cui culmine è costituito proprio dalla permanenza a casa dei suoi nuovi amici e dalla loro conoscenza diretta. Conoscenza che non fa altro che amplificare la sua curiosità, ma che, allo stesso tempo, la avvicina a loro a tal punto da farle provare, per la prima volta dopo tanto tempo, la sensazione di essere finalmente a casa e di poter cominciare, questa volta davvero, una nuova, completa e sorprendente vita.

Io non voglio aspettare. Voglio cominciare subito. Ho sempre pensato che la storia finisse, una volta che l’eroe e l’eroina si erano felicemente fidanzati, d’altra parte quello che è giusto per Jane Austen dovrebbe esserlo per tutti. Ma è una bugia. La storia deve ancora cominciare e a ogni ora aggiungeremo un nuovo pezzo della trama.

Lascia un commento