Era uno degli incontri più attesi della giornata e non ha deluso le attese. A concludere la prima giornata di Pordenonelegge 2016, Mauro Corona ed Omar Pedrini hanno intrattenuto ben oltre il tempo stabilito il pubblico di un teatro Verdi gremito, contagiato dalla verve, a volte comica, altre volte etica ed inquisitoria, dell’artista ertano, ben coadiuvato dall’ex leader dei Timoria alla chitarra.

Lo spettacolo, sebbene si capisse che in realtà era ben schematizzato, è sembrato procedere quasi lasciato all’improvvisazione, sviluppandosi in lunghe riflessioni di Corona, sempre in qualche maniera relazionate alla montagna ed alle sue esperienze di vita, su diversi temi d’attualità. Riflessioni che ogni volta la musica di Pedrini, pescando dal proprio repertorio e riproponendo un classico come Impressioni di settembre della PFM in una versione acustica dedicata allo scrittore sul palco assieme a lui.

La musica quindi, come relazione tra i due artisti. Corona parla prima musica e poi di arte, sottolineando come la prima sia parola, nonostante spesso non usi parole, perché riesce a comunicare il proprio messaggio attraverso le emozioni che ti trasmette. Cita ad esempio la capacità di Morricone di condurre con le sue colonne sonore lunghi tratti di film, rendendo il dialogo inutile (basti ricordare il lungo silenzio del duello finale ne Il buono, il brutto e il cattivo).

L’arte in generale invece ha un significato più profondo per Corona, che la vede come un modo per combattere i propri demoni, le proprie incertezze, per uscire dal proprio personale inferno attraverso la vanità di voler provare a fare qualcosa. Paradossale l‘aneddoto in cui racconta come lui, non avvezzo alla tecnologia, abbia avuto il coraggio di iniziare a mostrare i suoi primi lavoretti artistici solo dopo aver visto uno spezzone di documentario su uno scultore in televisione, grazie alla cortesia di un amico postino.

La riflessione si è poi spostata sull’etica ed i suoi valori, dove lo scrittore friulano ha spiegato il suo punto di vista utilizzando le sue classiche analogie con la vita di montagna. Riflessione che lo ha portato a interrogarsi su diversi punti: la perdita di terreno dell’etica nella società moderna a favore dell’estetica, il progressivo estraniamento dell’uomo rispetto alla natura, la perdita della memoria e dell’abilità manuale. Veste poi per alcuni minuti l’abito di un novello Seneca quando introduce la sua ultima opera, La via del sole: una parabola, come lui stesso la definisce, dove critica l’arroganza di chi non riesce ad accontentarsi di ciò che può avere e l’incapacità umana di gestire il proprio tempo, non capendo il valore di una corretta gestione del poco ma prezioso tempo libero che tutti hanno.

L’incontro si è concluso con alcuni divertenti aneddoti sugli autori preferiti dell’autore ertano, Borges e Pessoa su tutti. La sensazione finale è quella che avrebbe potuto raccontarne a centinaia, senza perdere mai l’attenzione del pubblico.

 

Photo by: Twitter/Mauro Corona