Goran Vojnovic‘ e Shady Hamadi provengono da due mondi completamente differenti, ma tra la periferia di Lubiana dov’è cresciuto lo scrittore sloveno e la Siria da cui Hamadi è dovuto fuggire assieme al padre esiste un filo conduttore molto più nitido di quello che si potrebbe pensare, fatto di sofferenza, impotenza e desiderio di urlare la propria rabbia. Due storie di esilio, viste attraverso gli occhi di due testimoni, che si sono incontrati questa mattina a Pordenonelegge.

Fuzine è un gigantesco sobborgo di Lubiana, nato negli anni Settanta per ospitare gli immigrati bosniaci, serbi o comunque provenienti dalla parte dalla Jugoslavia meridionale, ribattezzati “cefuri” in maniera dispregiativa. Un appellativo che trasferito nella realtà italiana potrebbe essere sinistramente tradotto in “terroni“.

Cefuri raus! – Feccia del sud via da qui è il titolo del romanzo in cui Vojnovic’, che a Fuzine è nato e cresciuto, inizialmente vuole raccontare il proprio quartiere, segnato dalle difficoltà di convivenza tra cefuri e sloveni, ma che da spaccato di una piccola realtà si trasforma nella narrazione di un vero e proprio mondo sommerso, dei conflitti e della diffidenza reciproca tra le due fazioni, oltre che ad una vera e propria informativa sulla situazione cefura. Ciò che colpisce è a brutale onestà con cui l’autore affronta la tematica, dipingendo una realtà dove non esistono solo buoni e cattivi, in cui rabbia e paura dominano incontrastate.

Celano grande rabbia anche le parole che Hamadi spende sulla Siria, da dove è dovuto fuggire in giovane età assieme al padre, strenuo oppositore del regime di Assad. Del giovane scrittore siriano si notano soprattutto il pragmatismo e la semplicità nel tentare di spiegare tematiche complesse come la situazione mediorientale e il suo legame con i flussi migratori verso l’Europa.

Dal suo discorso trapela un’evidente delusione verso la politica estera europea, che definisce senza mezzi termini troppo improntata sulla realpolitik e volta ai vantaggi economici piuttosto che al rispetto dei diritti umani, fatto che ha portato diversi stati a sostenere regimi fondamentalisti e dittatoriali, causa principale dell’immigrazione di massa degli ultimi anni.

A concludere l’incontro una riflessione dei due ospiti sul concetto di esilio, visto maggiormente come stato mentale da Vojnovic’, che lo ha anche messo in relazione con la tendenza al viaggio e allo spostamento, interpretati come distaccamento dalla terra natale, delle generazioni presenti e future; mentre Hamadi lo ha associato all’impotenza davanti all’indifferenza della gente, incapace di comprendere a fondo il dolore dell’esiliato. Impotenza che entrambi gli autori hanno sentito il bisogno di superare, trovando nella scrittura e nella divulgazione il mezzo adeguato.

Photo by: Enrico Pascatti