La lectio magistralis di questa sera, promossa dall’associazione Aladura all’Auditorium della Regione, avrà ricordato a molti una campagna militare. Per Francesca Corrao, orientalista e professoressa all’Università LUISS Guido Carli, è stato un conflitto mosso all’oblio del retaggio culturale che l’Occidente deve all’Oriente; mentre per me, che ascoltavo rapito e cercavo di salvare quante più note, appunti, nomi di dinastie e correnti religiose, è stato un conflitto che sapevo si sarebbe consumato in questo momento, quando tornato a casa avrei dovuto produrre il sunto di un’ora – ma in realtà di millequattrocento anni di Storia – in pressapoco trecento parole.

Riportare semplicemente la trama geopolitica che ha intrattenuto, educato i convenuti non sarebbe servito a molto. Avrei scritto un pezzo noioso, un elenco di avvenimenti scevri della tenerezza con cui la professoressa si riveriva al Profeta e mai a Maometto, dell’onestà con cui ammetteva il debito del nostro Omero verso la loro tradizione orale, della precisione chirurgica con cui ha riportato l’ascesa e la caduta degli Omayyadi, gli antichi califfi di Damasco.

Per un giro ho scelto di riportare esclusivamente cosa credo sia arrivato, più atavico delle date e dei nomi, ai presenti, svegliati nei ricordi d’infanzia delle prime lezioni di storia. Nel ricordo del numero zero, di natali indiani, e del blu dei lapislazzuli dell’Afghanistan, è mutata l’architettura dei panorami interiori – delle case mediorientali e delle loro poesie incise sui muri; dei luoghi di culto musulmani e delle sure millenarie dipinte sulle pareti. La barba bianca della civiltà europea, poca cosa a fronte dei settemila anni di quella del Nilo, è stata recisa. Una virata sul pragmatismo, sui rapporti commerciali tra Europa e Vicino Oriente, ha permesso di scoprire una Palermo capitale della lavorazione della seta nel Mediterraneo centro-occidentale. Abbiamo raccolto le civiltà del Mare Nostrum intorno a un’identità comune – l’astuzia di Ulisse dell’Odissea e quella di Sinbad delle Mille e una notte.

“La nostra storiografia soffre, nell’attingere solo dalle fonti occidentali. Quelle musulmane, d’altro canto, risentono del problema della censura. Come capirla allora, questa Storia? È facile: coi romanzi che ci raccontano della verità, ovvero i sentimenti delle persone che la Storia l’hanno vissuta”.

Un po’ come la filigrana di una banconota, quello che mi rimane è l’opera con cui Francesca Corrao ha aperto: “Orientalismo”, di Adel El-Siwi, raffigura un barcaiolo che naviga le acque del Nilo. L’uomo indossa una giacca marziale della Francia napoleonica che invase l’Egitto, fuma una pipa. Non veste i suoi panni, si specchia nelle acque del grande fiume: quello che gli viene restituito è un riflesso del rosso del sangue, del nero del petrolio, del giallo del deserto cotto e inerte.