Al confine fra le province di Udine e Pordenone resiste tutt’oggi un’antichissima tradizione, sviluppatasi nei secoli su entrambi i crinali che dividono la Val Tagliamento dall’Alta Val d’Arzino. Proprio qui, infatti, dove il naturale verdeggiare dei boschi incontra l’acqua più limpida e fresca, sono nati il Formadi Salât, e l’Asino (Asìn), la cui produzione, originaria della zona di Clauzetto e Vito d’Asio, si è diffusa successivamente nella parte settentrionale della destra Tagliamento.

A differenza di quanto si potrebbe ingenuamente pensare, il formaggio Asino non proviene da latte d’asino, ma bovino. Il nome si deve alla vicinanza del Monte d’Asio ai luoghi di produzione di questo particolare formaggio, la zona di Clauzetto, Vito d’Asio e Spilimbergo. Si tratta di un formaggio che nella versione fresca e morbida spesso non raggiunge i 30 giorni, mentre nella versione “dura” arriva quasi ai 60 giorni di stagionatura, a seconda delle ricette dei diversi caseifici che ancora lavorano questo prodotto. Le due versioni si distinguono, oltre che nella consistenza, anche nella conformazione e nella misura dei due formati: di pasta bianca e senza occhiature quello classico; bianco latte, cremoso e spalmabile quello più morbido e giovane. Entrambi hanno tuttavia un gusto molto simile,  sapido e leggermente piccante, con accentuazioni diverse, a seconda della procedura di lavorazione.

Ed è proprio il metodo di lavorazione l’aspetto più interessante di questo prodotto, che lo rende estremamente versatile in cucina grazie al gusto e alla consistenza peculiari che gli vengono infusi, come spiega Enore Tosi nel suo “Manuale pratico di Caseificio”, del 1909:

“[…] Fresco, all’età di circa un mese, è un ottimo formaggio da tavola e viene usato largamente d’estate e d’autunno nelle provincie di Udine, di Treviso e di Venezia e nel litorale italiano soggetto all’Austria, dalle famiglie agiate mangiandolo colla frutta, particolarmente colle mele e colle pere. Ha pasta dolce, biancastra, burritosa, quasi insipida, con rari e grandi occhi; è del formato di un piccolo Gorgonzola. Ma i lgrande consumo di questo formaggio si fa dopo che è stato immerso, per due o tre mesi e anche più, in una salamoia speciale, che gli comunica un sapore marcato, caratteristico, procurandogli il nome di salmistrà.

Dopo il bagno, più o meno lungo, nella salina, diviene più duro, più sapido e piccante, gustosissimo, preferito dagli amateurs, dai dilettanti del buon vino. È altresì molto ricercato dal contadino, perché costituisce un ottimo companatico a buon prezzo, giacchè basta una piccola quantità di questo formaggio per distruggere molta polenta”.

Leggermente diverso è invece il formadi salât, sia nella lavorazione che nella resa gustativa. Il procedimento è infatti simile a quello del Formaggio Asino classico: coagulazione del latte, rottura e cottura della cagliata, fasciatura della massa caseosa che non viene passata, ma immersa per una quarantina di giorni in mastelli di larice contenenti la salamoia, chiamata comunemente “salina”, e derivata da un composto originario detto “madre”.

Entrambi i formaggi possono così essere a buon diritto considerati “prodotti simbolo” fra quelli tradizionali della regione. La differenza fra i due va tuttavia ricercata nella tipologia dei formaggi impiegati e nelle modalità di salatura, applicate nei pochi caseifici che ancora oggi li producono avvalendosi di secolari “salmuerie” gelosamente custodite nei grandi tini di legno impiegati per la loro produzione. Ed è proprio la salatura in salamoia che rende ognuno di questi formaggi diverso dall’altro, a tal punto che difficilmente si possono incontrare forme dal sapore identico. Una caratteristica positiva, però, a pensarci bene: rappresenta infatti un caposaldo moderno della cultura artigianale, un prodotto fatto a mano secondo tradizione, che porta con sè cultura e abilità totalmente estranee alla produzione di serie.

(Le informazioni per la stesura di questo articolo sono tratte dal Cibario del Friuli Venezia Giulia, Atlante dei prodotti della tradizione”, a cura dell’ERSA – Agenzia regionale per lo sviluppo rurale, regione autonoma Friuli Venezia Giulia)

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