Dopo più di una settimana dalla sua uscita in sala Hungry Hearts, l’ultimo film di Saverio Costanzo, fa ancora parlare di sé. Diciamolo subito, Costanzo è uno dei registi italiani meno italiani, nel senso che realizza opere di respiro internazionale sia per messa in scena che per il discordarsi dalle “mode” cinematografiche nostrane. Hungry Hearts è un film volutamente, e spasmodicamente, estremo ed eccessivo, che si avvale di una colonna sonora che spazia dall’ovvio (i momenti di tensioni sottolineati dalle note cupe e ossessive di Piovani) al perturbante con What a Feeling da Flashdance. Può vantare un cast azzeccato e, soprattutto, internazionale, senza essere presuntuoso: Alba Rohrwacher e Adam Drive sono corpi e volti che soffrono e mutano durante lo svolgersi della vicenda, senza orpelli di trucco o di effetti speciali, e lo fanno regalandosi in tutto e per tutto alla macchina da presa. Molte polemiche, sterili e ottuse, investono la pellicola fin dalla sua presentazione alla Mostra di Venezia di quest’anno: un attacco ai vegani e alle mamme apprensive? Una storia inverosimile? Niente di tutto questo. Costanzo realizza un trattato sulle ossessioni, amorose e esistenziali, senza sentenziare giudizi ma dando una sua interpretazione di una realtà possibile anche se estrema. Angoscia, claustrofobia, violenza fisica e mentale, frullati in un ritratto cinico e schizzato del genere umano. Una fotografia “sporca” e a tratti insostenibile, grazie anche alla presenza delle riprese a mano, che suggeriscono lo sguardo giudicante dell’esterno. Hungry Hearts svela una realtà che può far male se in essa ci si riconosce, ma è quello che a volte deve fare l’Arte: descrivere l’oggi senza preoccuparsi di offendere. Qualcuno anni fa diceva “la verità ti fa male, lo so”, basterebbe farsi un esame di coscienza e non fermarsi alla superficie delle cose. I “cuori affamati” spesso divorano tutto senza ragionare sulle conseguenze e quando ci si volta indietro arriva il pentimento…ma ormai è troppo tardi.

 

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