Siamo tutti abituati a pensare che il vino porti con sé i valori della condivisione, della convivialità, dello stare assieme in modo semplice e frugale. Una concezione tramandata con successo dalle scorse generazioni, protagoniste di un tempo in cui un bicchiere di vino con gli amici rappresentava il massimo svago dopo una dura giornata di lavoro. Oggi, però, nonostante il vino rimanga compagno fedele dei ricordi più belli di molti di noi, possiamo dire con certezza che abbia acquisito un valore nuovo, forse più pratico e lungimirante, ovvero quello legato al mercato.

Il caso più eclatante di quanto un vino povero e senza pretese sia diventato in poco tempo un prodotto da record mondiale, è sicuramente quello del Prosecco. Fermandoci per poco a rovistare nel passato, ricorderemo come il Prosecco fosse non più di cinquant’anni fa un vino completamente diverso da quello a cui siamo abituati oggi: un vino torbido, frizzante in modo naturale, acidulo e dal sapore intenso, molto spesso con fondo e con un retrogusto erbaceo; ciò che gli abitanti di Conegliano e Valdobbiadene chiamavano comunemente Verdiso. Dopo mezzo secolo, però, esattamente nel 2014, un dato sconvolge l’ordine naturale delle cose: il Prosecco supera lo Champagne nelle vendite all’estero per la prima volta nella storia, con una cifra record di 320 milioni di bottiglie, segnando un +20 per cento rispetto all’anno precedente. Numeri destinati a crescere ancora, se pensiamo che nel 2016 l’istituto Ismea ha rivelato un incremento del 33% a valore sull’export nel mondo del Prosecco (per un totale di 456 milioni di euro) e del 24% a volume (1,2 milioni di ettolitri), rappresentando all’incirca il 90% dell’export nazionale di spumante. Numeri da capogiro per un vino da osteria.

Ma come si spiega questa crescita così esponenziale? Alvise Franceschin, settantenne sommelier, enologo ed esperto di vini, consulente negli anni per diverse grandi case vinicole tra Conegliano e Valdobbiadene, non ha assolutamente dubbi: “Il Prosecco piace […] in tutte le parti del mondo, piace perché non è un vino, è un progetto di marketing” – come spiegava al Foglio in un’intervista del 2015 – “Chi sostiene che il sorpasso sia determinato solamente dal minor prezzo di vendita al pubblico dice una sciocchezza. Questo pesa, certo, ma non nelle fasce di consumatori che acquistano queste tipologie di vini”. Il risultato più sorprendente, infatti, per gli analisti di marketing, è stato come gli operatori del Prosecco siano riusciti a modificare radicalmente la percezione di questo vino nel pubblico, portandolo dall’osteria all’happy hour, dalla provincia alla grande città, fino alla Casa Bianca. È stato in sostanza un processo che ha trasformato un vino comune in un caso di costume. Un successo di business, per il territorio e l’Italia.

Se però da un lato il Prosecco ha subito radicali modificazioni per migliorarne le qualità, gli aromi, i profumi, incontrando il gusto delle persone e i bisogni dei bevitori di tutto il mondo, è altrettanto vero dall’altro che un prodotto di questo tipo rischia di perdere la propria anima: ogni metro quadro di vigna disponibile, infatti, negli ultimi anni, è stata vinificata a Prosecco, viste le rendite così alte e sicure per i produttori, che molto spesso puntano molto più alla quantità che alla qualità. La conseguenza è quindi che sotto il nome di Prosecco possono trovarsi un’infinità di vini, sulla carta ognuno diverso dall’altro, che portano però nel mondo ognuno la stessa identità. In questo senso, però, la conquista della DOC e della DOCG ha sortito un effetto molto positivo, che ha permesso di mantenere standard qualitativi precisi ed elevati, in particolare nella zona di Asolo e di Valdobbiadene.

Quello che conta, però, oggi giorno, è che se il Prosecco si vende ormai da solo, grazie al nome che ha saputo farsi sul mercato internazionale, è merito del marketing e della comunicazione, oltre che della maestria dei viticoltori del Triveneto. Un chiaro esempio di elogio al territorio, che è riuscito a portare al di fuori dei nostri confini la convivialità e la gioia di un tempo, nel celebrare i momenti migliori della nostra vita con un semplice bicchiere di vino. In questo caso, di Prosecco.

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