Si è rinnovata anche quest’anno la collaborazione tra il Premio Campiello e Pordenonelegge. Questa mattina infatti,  presso l’ex-convento di San Francesco, i cinque finalisti del Premio Campiello Giovani 2016 hanno raccontato la propria esperienza al pubblico, composto in maggioranza da studenti delle scuole superiori.

Le giovani scrittrici, dato che la finale è stata totalmente ad appannaggio del gentil sesso, hanno brevemente presentato le opere con cui hanno partecipato al concorso: da notare la varietà dei temi e dei generi affrontati, che vanno dal racconto a sfondo storico della veneta Sonia Aggio all’amore perduto della vincitrice, la milanese Ludovica Medaglia, passando per la crisi familiare narrata da Martina Pastori, lo scandalo per l’omosessualità nella Sicilia  di Noemi Zappalà e l’attenzione pirandelliana per il particolare della triestina Gaia Tomassini.

Rispondendo alle domande della presentatrice Federica Manzon, le ragazze hanno svelato ai presenti il loro approccio alla scrittura, il modo in cui hanno vissuto la loro partecipazione ad un concorso letterario così conosciuto ed i loro consigli per tutti i giovani aspiranti scrittori, invitandoli a buttarsi e a non aver paura di mettersi in gioco.

Ospite d’onore dell’evento il vincitore del Premio Campiello Opera Prima, lo scrittore sardo Gesuino Nemus, nome d’arte di Matteo Locci. Al limite dell’incredibile la sua storia “editoriale”: l’autore sostiene infatti di aver iniziato a scrivere il suo primo libro, dal titolo La teologia del cinghiale, all’età di 12 anni, salvo poi portarlo a termine oltre 45 anni dopo.

La sua opera prima è un giallo dalla forte componente autobiografica ambientato nella sua Sardegna, che bilancia l’efferatezza delle azione criminale con molta ironia e comicità, tanto che lo scrittore stesso non riesce a definirlo un giallo vero e proprio:

Esistono il giallo, il noir, il romanzo rosa: io ho inventato l’arancione.

Per concludere l’incontro, Nemus ha incoraggiato, assieme alle sue più giovani colleghe, i ragazzi presenti in sala a leggere il più possibile, cercando di vedere il libro come qualcosa di piacevole, slegato dall’imposizione scolastica. E soprattutto di non vergognarsi delle proprie letture: che sia un albo a fumetti, un romanzo rosa o un trattato di filosofia, l’importante è leggere ciò piace a sé stessi.

 

Photo by: Mattias Gerometta