Se ne sono dette di tutte i colori.

Aprile, d’altronde, è stato il mese dell’autismo. Se n’è parlato in TV, sul web e su chissà quante riviste. Non siamo maratoneti, così, per non metterci nella calca, abbiamo atteso via libera.
Ma parlarne bisogna.
Non è nostro scopo mandar giù il senso di colpa con commiserazioni e buonismi. È un argomento vasto e sconosciuto, una jungla selvaggia.

Ecco: più che maratoneti, siamo esploratori.

Nella foresta non ci sentiamo certo soli: parecchi idoli pop della nostra epoca sono disfunzionali: Sherlock Holmes, sociopatico iperattivo; Will Graham (Hannibal), sindrome di Asperger; Daredevil, ipovedente; Tyrion Lannister (Game of Thrones), nanismo e deformazioni.

Potrei proseguire, ma non voglio trascurare l’argomento: oggi prediligiamo heroes che ribaltino gli handicap a loro vantaggio, per garantirsi una fetta di normalità.
Accogliendo quei personaggi, abbiamo dato le spalle ai capelloni anni ’80, ai pettorali depilati con la ceretta, alla fossetta sul mento.
A parte Ben Affleck, ma Ben Affleck è Bat-Man.

Cos’è successo? Azzardo una risposta: tutti ci sentiamo, nel profondo, giocattolini fragili. Invece gli eroi suggeriscono che siamo – almeno un poco – speciali.

Non c’è niente di male in questo.

La società cambia, perché noi stiamo cambiando: l’autismo, le difficoltà sociali, l’ansia, le nevrosi sono il nuovo fenomeno generazionale.
Arriva il momento dei cambiamenti. Verso quale direzione?

Lo chiediamo ad Elena Bulfone (presidentessa dell’Onlus Progettoautismo FVG).

Innazitutto: cos’è l’autismo?

È un disturbo dello sviluppo cerebrale, una condizione. Un ragazzo autistico potrebbe aspirare all’autosufficienza, ovvero a diventare un adulto indipendente, ma porterà il cartellino ‘autismo’ per tutta la vita. A bollarlo non sono caratteristiche fisiologiche (non che si sappia, almeno), ma il modo in cui la sua mente lavora.

Per questo, più che di ‘soggetti autistici’, sarebbe meglio parlare di ‘autismi’: cioè di comportamenti particolari che si manifestano in modo grave o più lieve.

Come si presentano questi sintomi?

Essere all’interno dello spettro autistico, mi spiega Elena, comporta tutta una serie di funzionamenti ‘alternativi’, riguardanti la consapevolezza di sé (emozioni,  sensazione del corpo, percezione dei rumori, ecc…), ma anche del prossimo.

Per queste persone, la vita relazionale è assai complessa. Se non educati a comprendere, fin dalla tenera età e ad acquisire competenze sociali, entrano in crisi appena inseriti in un gruppo. Il segno più diffuso è il ‘deficit nella comunicazione’: assenza o carenza di linguaggio,  interazioni e scambi; alienazione, comportamenti ‘strani’ o non in linea con l’età.
Da qui arriviamo all’isolamento.

La mancanza di una corretta educazione comporta l’entrata in scena di ossessioni, compulsioni, dissociazioni; ovvero di patologie psicologiche non collegate all’autismo, ma risvolto conseguente della sofferenza.

Rovesciando la medaglia scopriamo i ‘superpoteri‘.
Sono le doti, ossia abilità eccezionali. Alcuni autistici possiedono straordinarie capacità empatiche: assorbono prontamente le emozioni altrui. Ma, un soggetto non ‘educato’, rischia di essere travolto da un’ondata di emozioni non sue.

Al contrario, una mente allenata potrebbe sfruttarle a beneficio proprio e della società: soggetti dotati di iper-osservazione, di capacità analitiche e deduttive non comuni, sarebbero in grado di sfondare in ogni settore.

Altri presentano una memoria visiva o uditiva sopra la norma. Sono, per esempio, in grado di riprodurre la Skyline di New-York dopo averla osservata per cinque minuti dal tetto di un grattacielo, oppure di ricordare la pianta di un magazzino Amazon.
Altri ancora sono dotati di orecchio musicale assoluto.

Ulteriore caratteristica è una singolare capacità di calcolo: esistono bambini autistici in grado di ricavare, al momento, numeri primi di straordinaria complessità. Vi sono persone, bandite dai tavoli di blackjack di Las Vegas, perché in grado di calcolare, a mente, la probabilità percentuale dell’uscita di ogni carta.

Dustin Hoffman, in Rain Man, è costretto alla fuga dal Casinò, quando è sospettato  del bizzarro reato, indimostrabile, della conta delle carte.

Queste doti aprono possibilità illimitate.
Anche un grave autistico, che abbia ricevuto un’educazione personalizzata sin dall’infanzia, può aspirare ad una vita indipendente, ad una corretta socialità e a dare un valido contributo collettivo.
Al contrario, se vinto dall’ansia o dalla depressione, diventerà il tipico ospite degli ospedali psichiatrici, gravato dalla diagnosi imprecisa di ‘psicotico‘.

È necessario che questi individui usufruiscano di un percorso personalizzato di studi, per un corretto sviluppo delle loro qualità.

Per esempio: molti autistici, dalle spiccate doti artistiche, sono rifiutati dalle Accademie. Nell’atelier NoUei-Noway udinese, gestito dall’organizzazione di Elena Bulfone, molti raggiungono tali livelli di espressività che nemmeno l’insegnamento universitario riuscirebbe a tirar fuori.

Quali sono le cause dell’autismo? Non si sa.
O meglio: esistono varie ipotesi. Disturbi nelle aree cerebrali? Disfunzioni genetiche? Intolleranze alimentari e asintomatiche? Lasciamo la scienza agli scienziati.

Conosciamo con certezza che una persona su 80 nasconde autismi.
Immaginiamoci la sala del Teatro Giovanni da Udine, colma per una manifestazione. Statisticamente, sarebbero presenti più di quattordici spettatori autistici.
Questa percentuale, così elevata, è spiegabile con un miglioramento delle capacità  diagnostiche, ma anche come una graduale mutazione della natura umana.

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La diagnosi di autismo può essere posta con certezza a partire dai 18 mesi (Baron-Cohen, 1992) ed è importante che sia fatta precocemente. Con l’adolescenza il problema si complica. I cambiamenti corporei, gli sbalzi emotivi, l’entrata in gioco della sessualità, sono devastanti.

Per esempio, il ragazzino buono e sensibile ritratto nell’ultimo albo di Dylan Dog (n° 343 – Il fumo della battaglia), non è che un’ipocrisia: un teenager autistico è una bomba ad orologeria e necessita di personale specializzato alle emergenze.

Curiosamente, l’autismo si riscontra in prevalenza nei maschi, perché presso le bambine non risulta sempre diagnosticabile. Queste riescono a nascondere la problematica, mimetizzandosi dietro una maschera recitativa.
La sofferenza, naturalmente, rimane.

L’associazione gestita da Elena Bulfone conta più di 300 iscritti, per un totale di 100 famiglie con almeno una persona affetta da sindrome autistica, disturbi pervasivi dello sviluppo o sindrome di Asperger.
Un soggetto relegato in Istituto costa 300 euro al giorno, quasi 100.000 all’anno. In un centro come quello di Elena, che offre anche attività e preparazione del personale in loco, 100.000 euro soddisfano le esigenze di ben 15 persone.

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Molte famiglie considerano un figlio autistico come una condanna agli arresti domiciliari per la vita.
La direttrice è decisamente in disaccordo con questa opinione.
Nella sua organizzazione, a differenza del classico approccio tête-à-tête, vige l’attività di gruppo.
Gli autistici lavorano in Provincia di Udine, presso agriturismi, cataring, vivai. Partecipano a fiere e mostre.
Le attività sono parte di un percorso più ampio con lo scopo di strutturare un progetto di vita che li includa nella società.

L’autismo non è una piaga, è un’occasione.
Un’occasione straordinaria per guardare alla collettività in maniera differente. Si possono individuare nuovi spazi anche per i ‘giocattolini fragili’. È indispensabile trovare collocazioni personalizzate e ruoli che valorizzino le loro caratteristiche, a volte eccezionali.

C’è speranza!

progettoautismofvg.org

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