Arrivo a Masada impreparata.

I colori incredibili del Mar Morto e del deserto di Giuda mi hanno tenuta con il naso contro il finestrino per tutta l’ultima parte del viaggio, incapace di concentrarmi sugli stralci della guida che qualcuno, seduto in prima fila, sta leggendo al microfono.

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Guerra giudaica. Romani. Palazzo. Quando scendiamo dal pullman questo è quello che ho capito di Masada.

Al primo impatto, è subito chiaro che questo luogo è diverso dagli altri. Tutt’altra cosa rispetto alla quieta area archeologica di Magdala, al sito semi-abbandonato di Gerico o alla piccola, ma curata, Mamshit.

Qui ci accolgono un pretenzioso centro visite (segno tangibile dell’abbondante – forse eccessiva, di certo ostentata – capitalizzazione del sito), comitive di americani in calzoncini e canottiera, e una fiammante funivia di produzione svizzera, che sorvola instancabilmente, su e giù, il ripido versante del canyon.

Siamo al crocevia tra rotte diversissime: i pellegrini – diretti verso (o, come noi, provenienti da) Gerusalemme – si mescolano ai turisti dall’Egitto e dalla Giordania. Sembra che nessuno, turista in infradito o pellegrino con lo zaino, voglia perdersi Masada. Il perché lo si capisce una volta raggiunta la cima dello sperone di roccia su cui sorgono i resti della città.

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Masada – imparo pian piano dai pannelli disseminati per il sito – era l’ultima roccaforte difensiva di Erode il Grande (I sec. a.C.), progettata come rifugio nell’eventualità di una rivolta antiromana, conquistata da un gruppo di ribelli giudaici poco prima della distruzione del tempio di Gerusalemme, poi assediata ed espugnata dalla legio X Fretensis tra il 73 e il 74 d.C.

Ciò che di Masada lascia davvero senza fiato è l’immediatezza con cui racconta la propria storia. Basterebbero l’imponenza dei suoi magazzini, il fasto del palazzo nord, la bellezza dei suoi mosaici. Ma la vera natura di questo luogo si comprende, paradossalmente, guardando al di fuori. Da qualunque punto delle mura ci si affacci, infatti, si vedono ancora gli otto accampamenti dei legionari di Lucio Flavio Silva, che riconquistò a Roma la fortezza: Masada, ancora oggi, resta sotto assedio.

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Un sito archeologico che è l’istantanea di una guerra passata, in una terra tuttora in conflitto.

 

 

(foto dell’autrice)

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