Scatti, tocchi, tracce sparse. Fluttuano su spazi monocromi, a campiture dense e veloci. Si seguono con lo sguardo: una pennellata vicino all’altra. Tratto dopo tratto, ci si può quasi immaginare il pennello picchiare sulla tela, voltarsi sinuoso su se stesso e depositarsi sulla superficie. Sono corpuscoli, ideogrammi, arabeschi, scritture, raggi luminosi che squarciano gli universi in cui galleggiano: sembrano mettere il naso fuori dalla tela e toccarci, lievi. Segni che vivono tra il quadro, l’artista e l’osservatore e funzionano con tutti. Ciascuno può scovare la propria forma, il proprio ghirigoro dimenticato nel fondale limaccioso della psiche.

Dopotutto, chi tra noi non ha l’impressione di starsene a galla in uno spazio-vertigine? Siamo o non siamo in balia di forme che ci rinchiudono in una realtà che in fondo non è la nostra? Le opere di Luigi Boille, nato a Pordenone nel 1926, offrono un itinerario per ogni destino. Danno la possibilità, per dirla con le parole di Italo Calvino, di sfogliare la realtà del mondo, come un carciofo. Perché d’altronde il mondo non sta fermo, e noi con lui. Costruiamo modelli, fissiamo canoni, stabiliamo norme, ma ci sono sempre dei margini di cui non teniamo conto. Come le cose del mondo, siamo esseri complessi che hanno bisogno di far parlare ciò che non ha parola e spesso, piuttosto che sfidare il caos che è in noi, ci appoggiamo a immagini parziali e sbiadite. Boille, con i suoi cosmi in movimento e i suoi pulviscoli stellari, ci insegna che il nostro punto di vista è variabile e rimescolabile. Esistono infinite possibilità di percorrenze: non ci resta che sfidare il labirinto.

Oltre un centinaio di opere di Luigi Boille sono attualmente esposte alla Galleria D’Arte Moderna e Contemporanea Armando Pizzinato. In collaborazione con l’Archivio Luigi Boille di Roma, Pordenone ha curato la prima retrospettiva dedicata all’artista a seguito della recente scomparsa, avvenuta nell’aprile 2015.

In foto: L. Boille, Infinite possibilità di percorrenze – 1972

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