Joaquin Phoenix attore “complesso”, il noir genere che per tradizione è portatore di storie oscure e ingarbugliate, i ruggenti primi anni’70, colonna sonora d’annata per orecchie fini: Vizio di forma l’ultimo film di Paul Thomas Anderson.

Anderson ha quasi abbandonato i colori sgargianti e i personaggi borderline dei suoi esordi Boogie Nights e Magnolia, in favore dei grandi racconti sull’America di ieri per ragionare sul nostro oggi. Da Il Petroliere, le sue pellicole parlano di uomini che vivono il proprio tempo sapendo bene qual è il loro posto nel mondo; storie “maschie” che rivelano il lato più debole del sesso “forte”. Infatti, anche in Vizio di forma la vicenda è mossa dall’amore, dal rimpianto, dai desideri più puri di un uomo che, apparentemente, sembra sicuro di sé e in balia unicamente della propria volontà. La performance straordinaria di Phoenix, la cura dell’ambientazione e i guizzi di regia, fanno dimenticare il plot poco chiaro e con una struttura a puzzle, come del resto lo era il libro di Thomas Pynchon da cui è tratto. Anderson aggiorna nuovamente l’estetica e le tematiche, a lui tanto care, della New Hollywood regalando un ritratto cinico e realista, che strizza l’occhio a quel periodo d’oro. Invoca i vari Altman, Rafelson e Pollack, e i loro personaggi-eroi per caso, figli di un’epoca confusa e desiderosa di cambiamenti. E questo ritorno al passato non può che essere azzeccato nel nostro oggi sempre più ambiguo e deviato. Ma se nei lavori precedenti il tragico aveva il sopravvento, qui prevale il lato comico e assurdo delle situazioni e delle caratterizzazioni dei personaggi, quasi come un suggerimento ad affrontare tutto con più leggerezza. Vizio di forma è una pellicola che necessita di più visioni, non per essere capita ma per essere apprezzata nelle sue sfaccettature, resta comunque un lavoro che non lascia indifferenti anche se difficile. Provare per credere, usciti dal cinema vi rimarrà in mente per molto tempo…

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