Domanda: l’Islam è il nemico assoluto dell’Occidente, sinonimo di violenza totalmente contrapposta alla nostra realtà oppure la percezione che abbiamo di esso è solo una parvenza mediatica? E’ veramente una minaccia? La risposta per il professor Franco Cardini, presente in questa edizione di Pordenonelegge con un intervento dal titolo “Islam è una minaccia. Falso!“, è negativa.

Per poter capire il problema, si deve partire da lontano, considerando essenzialmente la nostra cultura. Una cultura che non si è mai sentita alle origini come centrale rispetto a una periferia: in apparenza una contraddizione, ciò è motivato dal fatto che in nessun’altro ambiente si è sviluppato o teorizzato un principio simile a quello della tolleranza e/o una scienza, quale quella antropologica, che studia l’altro. Elemento questo a sua volta derivato dalle grandi scoperte e dalla globalizzazione.

Il mondo è stato organizzato quindi a partire dai nostri bisogni, dal consumo sinonimo di benessere che necessitava forza lavoro e materie prime non disponibili direttamente in Occidente. Di qui il colonialismo, motivato ideologicamente da una nostra superiorità evolutiva a livello culturale per via dei maggiori mezzi e migliori sistemi politici. Coniugare questo fenomeno con quello del rispetto altrui è ancora oggi la croce che ci portiamo appresso: d’altro canto, come si può affiancare il motto francese di libertà e uguaglianza a un mondo in cui il 10% della popolazione detiene il controllo del 90% delle ricchezze? Specialmente se consideriamo che anche da noi libertà e uguaglianza non vanno di pari passo, poiché a impedire una perfetta simmetria è il sistema capitalistico mirato al profitto.

La decolonizzazione ha fornito ai popoli arabi il concetto di libertà ma non il know how di tale principio: in un’ottica di scambio commerciale asimmetrico, ciò che ha più contribuito allo sviluppo della differenza tra Islam e mondo occidentale è stata la loro percezione di inferiorità e l’informazione, con la rivelazione conseguente delle disuguaglianze. Si è quindi attivato un meccanismo di risentimento: poiché non riescono a essere liberi e liberamente rappresentati dai loro governi, spesso affiliati o accordati all’Occidente, i musulmani si pongono davanti a una scelta: emigrare o combattere questo stato di cose.

Nel primo caso viene considerata la maggioranza dei musulmani, quella silente e pacifica che da noi non fa notizia, mentre dall’altro solo una ristretta minoranza, spesso in conflitto interno, che contrariamente, per i suoi metodi brutali, è al centro della nostra informazione quotidiana, vero nocciolo del problema e della negativa percezione diffusa conseguente che abbiamo dell’intera religione islamica. Ciò che si deve temere non è però questa minoranza, retta da un’interpretazione estremistica errata, bensì la nostra debolezza nei loro confronti: gli estremisti si rifanno a valori autentici, seppur deviati; valori che nella società occidentale vengono sempre più a mancare, sostituiti dalla pragmaticità del benessere, come la carriera, la vacanza, il profitto… L’Islam è quindi un nemico metafisico e irreale: siamo piuttosto noi ad avere una crisi di coscienza.