C’è chi vi è nato, chi vi è passato in fretta lungo uno dei grandi viali che la circondano, chi l’ha scoperta dal primo giorno di Università: è la città che inizia per U. Una città invisibile, come la sua gente, che per lo più non ama l’ostentazione e diffida dell’ottimismo preferendo un’amara ironia. Anche il potere a U non è ben visto, tant’è che trovarvi dei leader, sia oggi sia in passato, è parecchio difficile.

Di quale città stiamo parlando?

Ce lo racconta Paolo Medeossi, nel suo “La città che inizia per U”, pubblicato nell’aprile 2017 con Bottega Errante Edizioni. Friulano, nato a U nel 1952, Medeossi è un cronista per il Messaggero Veneto e in questo libro ci accompagna lungo gli spazi e i tempi della sua città, a dire il vero nei panni di uno degli angioletti dipinti dalla mano del Tiepolo all’interno del duomo di U. Attraverso la storia fino al presente ci guida, indicandoci scorci, facendoci riflettere, dandoci spunti e strappando i veli con cui volenti o nolenti abbiamo coperto nel tempo vie ed edifici.
Con gli occhi e la voce dell’angelo scopriamo una U completamente nuova, misteriosa, affascinante. Certo, non crediate di apprendere solo belle notizie, affatto, non si tratta di una guida patinata e fittizia ma di una passeggiata reale:

Io non sostengo che qui, a U, si viva nel miglior pianeta possibile perché non voglio proporre una sorta di guida turistica dove, giustamente, inevitabilmente, si mostra il bello e il suggestivo di un luogo nascondendo la polvere sotto il tappeto. Invece voglio essere una sorta di indagatore dell’invisibile.”

Ne scopriamo di cotte e di crude.
Ad esempio, chi avrebbe mai pensato che un tempo, in Piazza Garibaldi, il conte Alessandro Torso invitava nella sua dimora a ballare fino alle 7 del mattino?
Oppure che Ernest Hemingway bazzicava all’osteria Aquila Nera assieme a una sua partner, ignorato dai giornalisti?
Che la roggia scorre sotto il cemento di Via Gemona?
Pagina dopo pagina scopriamo l’anima di U e dei suoi abitanti, in parte friulana, sicuramente veneziana, probabilmente unica nel suo genere. Neppure chi vi risiede conosce i capolavori che ospita, come le tre statue velate di Antonio Corradini, celebre per il Cristo di Napoli.

Le statue velate che si possono ammirare a U rientrano nella domanda su quanto sia ancora veneziana questa città pur non sapendolo. Certamente è impossibile sfuggire al potentissimo magnete rappresentato da una città-nido così straordinaria, situata a un centinaio di chilometri di distanza, Venezia resta per U un punto di riferimento, storico e culturale, grazie ad affinità che non esistono invece con altri luoghi in regione. Trieste? Figuriamoci, in questo caso (con un po’ di verità e molta esagerazione) scatta l’eterna rivalità tra un mondo di mare e uno di terra. Gorizia? Troppo specifica nella problematicità di tormentato confine. Pordenone? Quella snob di U non accetterà mai un dialogo alla pari con chi a metà Novecento era uno scricciolo e poi è cresciuto tanto.”

Della dominazione veneziana, quasi quattrocento anni (1420-1797), rimane come esempio eclatante Piazza Libertà, un tempo chiamata Contarena, con l’Arco di Bollani che conduce allo strano e misterioso colle del castello, la Loggia progettata dall’orafo Nicolò Lionello e realizzata dall’architetto Bartolomeo delle Cisterne di Capodistria, la Torre dell’Orologio (quest’ultimo opera dei Solari di Pesariis) e ben tre statue con le sembianze del leone di Venezia. Non rimane invece lo scorcio sul lungamente compianto Cinema Eden, di cui l’angelo non si dimentica, ancor meno gli abitanti di U portati per indole al rivangare il glorioso passato e gli errori commessi.

A U, nonostante nei secoli ci abbiano messo piede personaggi come il drammaturgo Goldoni, l’infatuatore Casanova e Pier Paolo Pasolini, l’invisibilità è la condizione prevalente, vessillo la bandiera della moderazione. Come esempio su tutti, l’angelo assegna l’Oscar dell’Invisibilità a colui che la città la porta anche nel nome: Giovanni da U. Non vi sfuggirà che proprio con questo nome di recente è stato chiamato il Teatro Nuovo, inaugurato nel 1997. A questo celebre artista e architetto U non ha dedicato statue o targhe, anche se in lui molti hanno riconosciuto un mago dei rimedi nonché allievo di Raffaello Sanzio. Probabilmente Giovanni con la realizzazione del teatro ha avuto ben poco a che fare, in compenso per mettere d’accordo tutti ed evitare un nome scomodo è stato scelto il suo, proprio il nome di uno degli invisibili, hidden in plain sight.

Nella piccola ma elegante U, assieme ai rituali del caffè e del tajut, c’è quello della passerella in piazza San Giacomo, punto centrale della città. Divertente quello che emerge sulle piazze di U, passate in rassegna una ad una:

La passerella per questa grazia mostrata senza sconti diventa piazza San Giacomo, la preferita in assoluto visto che le altre piazze per un motivo o per l’altro ce le siamo giocate male. C’è piazza Libertà quasi intatta, ma è soprattutto un palcoscenico per le feste popolari. Piazza Venerio e piazza XX settembre sono senz’anima. Piazza Duomo non si è ripresa dalle devastazioni e piazza Primo maggio è uno spazio dove smistare il traffico e parcheggiare. Non resta che San Giacomo con le sue armonie integre, a parte qualche minima intromissione.”

Nonostante siano invisibili, non vuol dire che gli abitanti di U non siano tenaci. L’angelo ci racconta di come il commerciante di stoffe proprietario di quella che ora è Casa Cavazzini avesse resistito contro un piano comunale, il quale voleva creare un’asse nord-sud per collegare la stazione a Piazzale Osoppo, allargando via Savorgnana e sconvolgendo piazza San Giacomo. Non solo il signor Cavazzini salvò l’estetica della città, ma donò anche la sua casa per renderla museo di arte contemporanea.

Medeossi ci parla di atti di mecenatismo e filantropia, ma anche di storie d’amore, vicende vissute in guerra, poesie, chicche linguistiche e aneddoti politici.
Un libretto tutto da scoprire, così come da scoprire è Udine, città invisibile finalmente svelata.

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