Per la terza giornata di Cucinare abbiamo deciso di concentrarci sulla degustazione, un modo semplice e intuitivo per aprire i nostri orizzonti verso nuove scoperte e arricchire allo stesso tempo ciò che già conosciamo, guidati dagli esperti del settore.

Il primo evento che seguiamo è l’assaggio di sei bianchi a confronto, curato dall’associazione Le Donne del Vino, dove produttrici, degustatrici, sommelier ed appassionate collaborano alla promozione e alla comunicazione del circuito vitivinicolo.
Si parte con un vitigno autoctono come il Friulano, di cui assaggiamo tre espressioni diverse provenienti da altrettante produttrici del territorio. L’azienda Quinta della Luna di San Quirino porta in degustazione un prodotto del 2013, proveniente dalla zona dei magredi, che si riconosce per il vivace colore giallo paglierino caratterizzato da riflessi verdastri che marcano la giovane annata. Elegante all’olfatto risulta piacevole in bocca, con delle note di mandorla che invogliano alla beva. Il secondo assaggio è offerto dall’azienda San Simone di Porcia, un Friulano non molto profumato ma pulito in bocca e morbido al gusto. La pianura pordenonese non gli conferisce infatti particolare robustezza o complessità, ma dà alla luce un ottimo prodotto da consumare come aperitivo. La terza proposta è invece un blend a base di Friulano, al quale vengono aggiunte in percentuali minori del Pinot Bianco e del Pinot Grigio. L’azienda Borgo del Poggio di Fagagna ottiene così una particolare ricchezza di profumi per questo vino, accompagnato da una struttura più complessa che si può esprimere in toto magari abbinato a dei piatti di pesce.
Caratteristica comune di questi tre Friulano è la provenienza, l’ampia zona DOC delle Grave che unisce la provincia di Pordenone e quella di Udine, che proprio per la sua estensione sa dare vita a diverse espressoni di un unico prodotto.
Dopo il friulano si assaggiano tre diversi Chardonnay,  provenienti uno dalla Lombardia, uno dalla Puglia e uno da Visinale, dall’azienda Borgo delle Oche in provincia di Pordenone. Quest’ultimo ha particolarmente attirato la nostra attenzione: si sente infatti il passaggio in legno che conferisce una particolare morbidezza al prodotto, assai persistente in bocca, compensata però da una certa acidità, che al gusto si traduce in finissimi aromi fruttati, gli stessi che proviamo all’olfatto.

Difficile dire quale sia il nostro preferito. L’uvaggio è forse più accattivante per la sua complessità, gli altri decisamente più fedeli alla tradizione.

Nel frattempo ci spostiamo verso lo stand del Toscano, dove un eclettico personaggio ci accompagna nella sala fumatori allestita all’esterno della struttura, ci fa accomodare e ci porge uno dei suoi sigari. Quello che abbiamo in mano è il Toscano classico, dalla forza medio alta, un aroma amaro e persistente. “Il primo approccio con un sigaro è come quello con le donne” – ci spiega – “bisogna andarci piano per non calcare la mano”. Intanto ci porge un tagliasigari, con cui lo sezioniamo esattamente a metà. Un sigaro mozzato sprigiona infatti tutta la sua intensità già alle prime aspirazioni, mentre quello intero cresce pian piano, cambiando inoltre nella durata.  Non lo accendiamo come una sigaretta, perché “aspirare la fiamma d’accensione significa carbonizzare il tabacco. Teniamolo piuttosto a distanza finchè non si incenerisce: si accenderà da solo”. A questo punto ci porge un calice di vodka finissima, distillata artigianalmente, e il Pbiscotto di Pordenone abbinato a una confettura di pomodori dolci. La vodka attenua l’amaro del Toscano, che accompagnato al biscotto assume invece caratteristiche tendenti al dolciastro, avvolgendo la bocca fino a saziarci. I tannini del fumo asciugano la bocca, per questo la tendenza è quella di abbinare il sigaro ad un liquore, un grande vino o un rum.
E qui il nostro maestro si ferma. “L’abbinamento può sicuramente non piacere, a volte, ma dev’essere coerente. I gusti devono avere la stessa importanza o rischiamo che l’uno finisca per sopraffare l’altro, con la regola di seguire il gusto soggettivo di ognuno di noi”. L’obiettivo è quindi trovare l’espressione perfetta che appaghi il gusto e la mente, considerazione che dal mondo dei sigari arriva al mondo del cibo, a quello dei vini, secondo una filosofia generale che nel complesso segue gli stessi valori.

Assaggiare vini diversi o fumarsi un semplice sigaro possono essere atti quotidiani che non fanno breccia nelle nostre sensazioni. Incuriositi abbiamo quindi provato ad affidarci a dei maestri degustatori, che grazie alla loro esperienza e preparazione hanno saputo ampliare le nostre conoscenze e stimolare nuovi interessi.
Un esperienza positiva che ci sentiamo di consigliare ad ognuno di voi.

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