Oggi buttiamo un Voli su Santa Maria la Longa, un paese dal nome a dir poco singolare!

Ed ecco subito qualche cosa da cui cominciare: da dove deriva questo nome? Anticamente il toponimo era meleretum – cioè luogo dove si coltivano le mele – che divenne poi Mereto, denominazione che rimane in una delle frazioni, Mereto di Capitolo. Le devastazioni ungare del IX secolo costrinsero il Patriarca a ripopolare meleretum con contadini sloveni; il nome mutò così in Villa Sclavorum, letteralmente villaggio degli slavi.

Poi, in seguito alla costruzione della chiesa di Santa Maria quest’ultima diede il nome alla comunità. Ma perché la Longa? E qui torna lo sloveno. Logu era il termine che indicava la parola bosco, lo stesso grande bosco che un tempo arrivava ai margini della chiesa. Storpiato poi in Le longie, venne associato al termine friulano lungje, per sottolineare l’aspetto allungato del paese.

Tra i luoghi di interesse inseriamo sicuramente le numerosissime e preziose case antiche che, se le citassimo e descrivessimo tutte, ci prenderebbe una giornata buona. Citiamo solo le case Toneatti, Passon e Volpetti, sapendo di fare, purtroppo, un torto a tutte le altre.

Altro monumento, indubbiamente macabro – e forse per questo estremamente affascinante – è la colonna della berlina posta al centro del paese. Ad essa si incatenavano i bestemmiatori e i ladri, ma non solo: ai condannati a morte veniva tagliata la testa e, dopo essere stata infilzata in una pertica, fissata sulla berlina come monito fino alla sua completa decomposizione. Considerando l’ordine di abbattimento di tutte le berline dato dal Governo Centrale del Friuli nel 1797, essa rimane una delle pochissime ancora esistenti in Regione.

Molto curioso è invece l’aneddoto che ruota attorno alla chiesa di San Giuseppe, popolarmente chiamata glesie dal cjaval, chiesa del cavallo. Pare infatti che durante l’età napoleonica, un cavallo sarebbe sfuggito al suo cavaliere entrando violentemente nella chiesa. La porta, per il gran colpo ricevuto, si richiuse subito dietro imprigionandolo. Passato un anno e aperta la chiesa per la festa di San Giuseppe, si ritrovò lo scheletro della povera bestia che per la fame aveva rosicchiato tutti i banchi.

Ma, in fondo, sappiamo tristemente bene che gli avvenimenti che hanno più segnato il paese di Santa Maria la Longa sono quelli occorsi durante la Primo guerra mondiale.

Ricordiamo tra le tante la villa Turchetti-Vintani dove v’era la mensa ufficiali frequentata, tra gli altri, anche da Gabriele d’Annunzio, e villa Colloredo Mels che ospitò, oltre al già citato Vate, il primo centro europeo di fotografia aerea.

Proprio questi ebbe modo di raccontare nell’opera Per l’Italia degli italiani, un episodio verificatosi proprio a Santa Maria la longa, cioè la rivolta della brigata Catanzaro, la prima nonché la più grave di tutto il conflitto.

Stremata da quaranta giorni di prima linea sul Carso, decimata da attacchi austriaci e da processi sommari per diserzione, venne acquartierata a Santa Maria per riposarsi. Quando dopo pochi giorni venne di nuovo chiamata in prima linea la rabbià non potè più essere contenuta. I rivoltosi e i carabinieri arrivarono ad ingaggiare una vera e propria battaglia durata tutta la notte. La mattina dopo, sul muro del cimitero di Santa Cecilia 28 soldati furono fucilati, di cui 12 sorteggiati a caso.

Ma Santa Maria la Longa è anche il luogo in cui Giuseppe Ungaretti ha scritto la celeberrima Mattina, oltre che Dormire e Solitudine. Ci piace immaginare che, tra l’orrore della Grande guerra, Ungaretti abbia trovato in questo piccolo paese del Friuli, un minuscolo momento di serenità, di fiducioso abbandono al sentimento di armonia con la natura dopo aver colto la vastità del cosmo.

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