L’arrivo di settembre e l’avvicinarsi della fine dell’estate ci fanno venire in mente due frutti diffusissimi nel nostro territorio. Il primo è l’uva, infatti questo è il periodo che coincide con la vendemmia, mentre il secondo è un frutto che da sempre è legato alla vite, sia nella simbologia, visto che entrambi rappresentano gioia e fertilità, che nell’epoca di maturazione: il fico.

La pianta, Ficus carica, è originaria della Siria e si è poi diffusa nel bacino mediterraneo grazie ai Fenici e si tratta di una delle prime piante a essere coltivata dall’uomo, tanto che era noto in Babilonia molti secoli prima della nascita di Cristo, è citato da Omero nell’Odissea, da Aristotele e Plinio e successivamente nei Vangeli. Dalle molteplici dimensioni e colori, che vanno dal giallo al nero, il fico fa parte del panorama mediterraneo, dalla Spagna alla Turchia.

Vengono chiamati con un nome diverso a seconda dell’epoca di maturazione e troviamo i “fioroni” a giugno, i “forniti” ad agosto-settembre e i “tardivi” in autunno. Generalmente vengono raccolti a piena maturazione con tutto il peduncolo e possono essere consumati freschi, secchi o trasformati in confetture, mostarde e aceto e inseriti in diverse ricette, dal ripieno dei Cjarsòns a dolci come la pinza trevigiana, a base di farina di mais, fichi secchi, uvetta, noci, etc., dolce tipico della festa invernale del “pan e vin”, che coincide con l’Epifania. Un’altra specialità dolciaria è il presnitz, tipico della zona di Trieste, a base di pasta sfoglia arrotolata e ripieno di fichi, albicocche, prugne, noci, cannella, chiodi di garofano, rum, etc.

Nel pordenonese, in particolare a Caneva, è coltivato da secoli il Fico Moro, chiamato anche “FigoMoro”, “Longhet” o “Figo della jozza”, diventato importante durante il periodo della Serenissima Repubblica Veneziana tanto che il frutto secco veniva imbarcato in tutte le navi della flotta, mentre i frutti freschi e i derivati erano destinati alla nobiltà.

Dalla polpa color rosso cardinale e dal sapore dolce, il Fico Moro può essere abbinato ad altri due prodotti tipici del territorio friulano: il Prosciutto Crudo di San Daniele DOP e i blecs, ovvero dei maltagliati preparati utilizzando la farina di grano saraceno.

Ingredienti per 4 persone:

  • 150 g di farina 00
  • 150 g di farina di grano saraceno
  • Acqua  q.b.
  • 3 uova
  • 100 g di burro
  • sale fino
  • 250 g di Fico moro
  • 100 g di prosciutto di San Daniele
  • Ricotta affumicata

Mescola la farina bianca e quella di grano saraceno, aggiungi un po’ d’acqua, le uova, 50g di burro e un pizzico di sale. Impasta e poi stendi la sfoglia il più sottile possibile e successivamente tagliala a triangoli di circa 5 cm di lato e fai asciugare per mezz’ora. Cuoci in acqua bollente salata per 3 minuti. Nel frattempo prepara il condimento facendo rosolare i fichi tagliati a dadini con il burro in un tegame, fai saltare i blecs insieme ai fichi, aggiungi il prosciutto crudo di San Daniele spezzato con le mani e servi con una grattugiata di ricotta affumicata.

Il fico fa parte da sempre della nostra tradizione culinaria e grazie all’elevato valore nutrizionale e alla possibilità di essere conservato a lungo è un’ottima fonte energetica. Il mio consiglio, però, per apprezzare a pieno il gusto e il valore che questo frutto porta con sé, è quello di fare una passeggiata fra le colline al confine tra Veneto e Friuli, trovare un fico selvatico nascosto fra gli alberi, e gustare il frutto appena raccolto, con le proprie mani, all’ombra delle sue fronde.

(La ricetta è tratta da “Vecchia e nuova cucina di Carnia” dello chef Gianni Cosetti e da www.fiuli-doc.it)