Capire l’arte contemporanea è una sfida piuttosto insidiosa, in quanto a partire dalla seconda metà del Novecento essa segue logiche completamente diverse da quelle del passato. Il sociologo Alessandro Dal Lago e l’illustratrice e studiosa Serena Giordano hanno collaborato nel 2006 alla scrittura di un libro, Mercanti d’aura, che affronta una tematica fondamentale nella definizione dell’arte contemporanea. I due esperti, che hanno tenuto una conferenza in Camera di Commercio per pordenonelegge, credono infatti che l’aura sia l’unica parte veramente fondamentale dell’arte: la domanda principale posta ai due autori dal moderatore dell’incontro è stata proprio “Che cos’è l’aura di un’opera e da cosa dipende?”

Dal Lago e la Giordano hanno risposto in questo modo: l’aura è una serie di convenzioni e rapporti sociali che fanno di un manufatto un’opera d’arte. È l’alone che definisce l’unicità di un dipinto, una scultura, un’installazione, in questo momento storico in cui i capolavori sono facilmente riproducibili attraverso la fotografia e l’arte è democratizzata su internet. L’aura è anche l’insieme dei discorsi che girano attorno a un’opera ed è strettamente connessa con il contesto storico e sociale in cui essa è inserita.

Spesso quindi il valore di un’opera d’arte non dipende tanto dal suo contenuto, dall’autore e dalla qualità dell’opera stessa, quanto da come viene incorniciata dai critici d’arte. Questa categoria di persone, soprannominate dai due autori “mercanti d’aura” è proprio quella che definisce il valore dell’arte. Proprio come in uno stato in cui i governanti decidono quali abitanti hanno la cittadinanza e quali sono considerati stranieri secondo determinate leggi, i critici collocano alcune opere e alcuni autori all’interno della categoria “arte” e altri fuori. La Giordano ha difeso in particolare la street art, cioè i graffiti sui muri delle città, reputata da molti volgare e senza valore.

Dal Lago ha successivamente approfondito il concetto di falso, ponendo innanzitutto una netta distinzione tra il plagio (appropriazione di un’opera altrui con firma propria) e, appunto, il falso (attribuzione a un famoso artista di un’opera propria). Numerosi falsi, nel corso della storia, sono stati venduti e comprati come originali per colpa di critici che, guardando ai loro interessi, modellavano a loro piacimento i confini del concetto di arte: questo dimostra come, in effetti, il valore di un’opera sia completamente affidato a ciò che di quell’opera viene detto, cioè alla sua aura.