Chi non ha mai sentito parlare di Sant’Antonio? Sì, proprio lui: Sant’Antonio da Padova. Ebbene pochissimi sanno che a Gemona esiste un luogo sacro dedicato a tale importantissima figura della storia del Cristianesimo, si tratta del santuario di Sant’Antonio. Che cosa c’è di tanto strano o interessante? Semplice: si tratta del più antico tempio dedicato al culto di sant’Antonio della Storia. Non è famoso come quello di Padova, dove il santo morì, o come quello di Lisbona, dove il santo nacque, ma sappiate che vi sono dei documenti che certificano il passaggio nella cittadina pedemontana del dottore della Chiesa.

Tali documenti riportano che il frate frequentò la piccola chiesa (da cui il santuario deriva) all’incirca attorno al 1227, chiesa che venne però consacrata solamente diciassette anni dopo la sua morte, ovvero nel 1248, data in cui tale chiesa venne dedicata al defunto prelato. Stiamo parlando di decenni prima dell’edificazione della basilica di Padova e la leggenda vuole che sia stato proprio sant’Antonio ad ideare la piccola chiesa, dopo essere stato in visita a Gemona dei suoi confratelli, di cui era superiore generale. Purtroppo il terremoto distrusse la struttura originaria, che venne poi ricostruita secondo canoni architettonici più contemporanei.

Tra tutte le feste e sagre che la cittadina offre, quella che più rimane impressa e che più caratterizza la storia di Gemona, è la cosiddetta Epifania del Tallero. Trattasi di una rievocazione storica tra le più apprezzate e frequentate di tutto il Friuli, una festa che trasforma la cittadina in un affascinante scenario medievale. Durante la manifestazione il centro storico è ricco di spettacoli, giochi di strada e giochi medievali a cui la popolazione prende parte, in un divertente sipario d’altri tempi. In serata vengono anche accesi due pignarui nelle frazioni di Godo e di Taboga, che fungono da fuochi propiziatori per un anno generoso per la famiglia e l’agricoltura.

Nel giorno dell’Epifania, il corteo medievale che attraversa la cittadina si dirige verso il duomo, accompagnato dal sindaco, per assistere alla celebrazione della cosiddetta Messa del Tallero. Perché questo nome? Che cosa c’entra il Tallero? Per scoprirlo dobbiamo tornare indietro nel tempo, in epoca longobarda, quando a dominare Gemona e tutto il Friuli era il Duca Gisulfo, primo Duca del Friuli.

Siamo alla fine del VI Secolo D.C. e le orde barbariche provenienti dalla Pannonia stanno devastando il Friuli con i loro attacchi. Le guerre sono feroci e cruente, ma il castello di Gemona si rivela essere una roccaforte inespugnabile per lungo tempo. Tuttavia, Gisulfo è costretto a capitolare di fronte alle truppe degli Avari e decide pertanto, con un’azione di dubbio gusto, di abbandonare il feudo friulano alla moglie Romilda, la quale decise saggiamente di riparare a Cividale. Da qui in poi le informazioni si confondono tra storia e leggenda, ed è forse proprio per questo che diventano ancora più interessanti!

Il potente Re degli Avari dispone l’assedio di Cividale e Romilda, ormai in trappola, tenta un’azione tanto coraggiosa quanto ingenua: ammaliata (si dice) dalla bellezza del re avaro, ordina di lasciare libero accesso alle sue truppe in Cividale, in cambio di un matrimonio. Il re sposa Romilda, e dopo alcuni giorni di matrimonio ordina il saccheggio di Cividale e la deportazione di tutti i suoi abitanti. Evidentemente all’avaro interessava soltanto la luna di miele, tant’è vero che consegnò Romilda e le figlie (di lei) ai propri soldati.

Romilda, però, ha dimostrato di avere alti e bassi tra furbizia ed ingenuità, e decide in questo frangente di cospargere il proprio corpo e quello della prole di carne putrefatta. L’insostenibile tanfo che le donne emanavano impedì loro di essere violentate dai soldati, e furono così vendute come schiave. Chissà se poi si pentirono di questa scelta.

La popolazione friulana, oramai stanca delle scorrerie di soldataglie provenienti da mezza Europa, decise coraggiosamente e orgogliosamente di difendersi da sola formando reparti di difesa composti da cittadini pronti a tutto per la propria città, sia militari sia civili. Gemona fu uno dei maggiori esempi di questa scelta politica territoriale. Successivamente a questo periodo buio e colmo di violenze, i presidi dei cittadini accettarono di sottomettersi al potere del Patriarcato, guadagnandone la preziosissima protezione. La cerimonia che ufficializzò questo “patto di sottomissione” si ebbe il giorno dell’Epifania, durante la celebrazione della messa, in cui i comandanti locali si sottomisero al Patriarca consegnandogli un tributo. Da allora, in memoria dell’antico patto tra cittadini e clero, il sindaco di Gemona consegna un Tallero d’argento, come segno di protezione e di omaggio.

Gemona: cuore del Friuli fino all’Estremo Oriente – Prima parte
Gemona: cuore del Friuli fino all’Estremo Oriente – Terza parte

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