Qualche anno fa, e a volte anche in temi più recenti, si sentiva spesso parlare di Nuovo Ordine Mondiale, cioè dell’assetto politico internazionale da costruire in vista del nuovo millennio; ma alla luce di quanto avvenuto negli ultimi anni, l’impressione è che si stia andando verso un Grande Disordine Mondiale, verso un’Età del Caos perenne. Ma secondo Federico Rampini questa situazione, forse, non è così svantaggiosa come si pensa…

Federico Rampini è un giornalista di fama internazionale, corrispondente da New York de la Repubblica, autore di vari libri su economia, finanza e geopolitica; nel suo ultimo lavoro, intitolato appunto l’età del Caos, spiega le radici di ciò che sta accadendo in questi anni, negli aspetti negativi ma anche in quelli positivi. Con un lungo monologo, il giornalista elenca i temi del libro, a cui dedica per ciascuno un capitolo dell’opera, che sono anche i campi in cui nasce il caos attuale.

Il primo capitolo riguarda la situazione geopolitica, caratterizzata dalla fine dell’egemonia completa del mondo bianco e occidentale, e sullo spostamento del pendolo della storia, come lo chiama lui, verso oriente; «la prima pietra di questo cambiamento la pone Henry Kissinger nel 1970, quando in qualità di segretario di stato USA si reca in Cina, e per la prima volta dai tempi di Mao Tse-Tung riapre il dialogo tra Cina e mondo occidentale.» Il secondo parla invece della concezione della politica, e tira in ballo il grande storico americano Francis Fukuyama, l’autore de La Fine della Storia, opera del 1991 in cui si sosteneva la tesi che col crollo del muro di Berlino, il modello di sviluppo e democrazia liberaldemocratica e occidentale aveva vinto per sempre, e sarebbe seguito da quel momento in poi un periodo di progresso infinito. Lo stesso Fukuyama, oggi, si rimangia quell’analisi, e da ragione a chi, come lo stesso Rampini, afferma invece che la storia, in certi settori sta tornando indietro:

 “L’idea stessa di democrazia è in cambiamento continuo; in Russia c’era stato una grande apertura con Gorbaciov ed Eltsin, adesso stanno tornando al passato, ma anche negli Stati Uniti sempre più persone tendono a non riconoscere più un valore nella libertà personale e nel rispetto reciproco, come dimostrano i consensi a certi candidati alla presidenza.

Il terzo capitolo parla di economia. Rampini usa il termine stagnazione secolare, già usato da economisti di fama mondiale come i premi Nobel  Paul Krugman e Joseph Stiglitz,  per indicare la situazione degli Usa, che crescono e tornano a livelli pre crisi «grazie a delle scelte opposte a quelle europee, e questo spiega molte cose», ma nell’ambito di una situazione dove alla crescita del Pil e dell’occupazione non corrisponde un aumento reale di benessere e sicurezza economica dei cittadini. Si sofferma poi molto sul fenomeno della share economy, che sta creando una rivoluzione a livello mondiale del mondo del lavoro: da Uber a Airbnb a Blabacar, queste forme di condivisione sono sulla bocca di tutti e soprattutto dei più giovani; per qualcuno si tratta di precariato a vita, per Rampini invece è sintomo di un economia diversa, che per vari motivi non risponde più agli schemi economici classici. Si passa poi ai fenomeni migratori: il modello qui è ancora quello americano, pur con tutti i suoi limiti; e coglie l’occasione di ricordare quanto poco fossero graditi i migranti italiani in America all’inizio del xx° secolo… Si arriva dunque all’analisi di due paesi emergenti come Cina e India : il primo «si è salvata dalla crisi col capitalismo di stato e ha salvato tutto il mondo, ma il dislivello fra borghesia cittadina  e poveri delle campagne è troppo elevato e preoccupa. La crisi della borsa di queste settimane ha mostrato un paese con delle fragilità enormi, che deve cambiare qualcosa se vuole imporre una sua egemonia mondiale.» Per l’india, « se ne parla poco e in maniera esageratamente negativa, ma può dare degli esempi per sopravvivere alla situazione, essendo abituata al caos.» Negli ultimi due capitoli si passa dal rischio apocalisse di una tragedia ambientale, causata dai cambiamenti climatici imputabili all’uomo «che provocano ogni anno l’estinzione di centinaia di specie animali» e fanno presagire addirittura un’altra grande estinzione «causata dall’asteroide-uomo»,  all’ottimismo portato dal progresso tecnologico e scientifico: la genetica, la robotizzazione, le telecomunicazioni e la digitalizzazione, le startup messe in piedi da aspiranti emuli di Steve Jobs e Bill Gates, la Silicon Valley, sono la faccia buona del disordine mondiale.

Finita l’elencazione, si passa al dibattito col pubblico. Gli viene chiesto se quanto sta accadendo in medio oriente non sia già una base di Terza Guerra Mondiale causata dal capitalismo made in USA, con critica alla politica estera di Barack Obama e tirando in ballo il ruolo americano nella creazione dell’ ISIS. Rampini è sicuro che non sia così, che i problemi del Medio Oriente e dei paesi islamici siano tutti originati da problemi loro, e che su Siria e Iran il governo americano abbia fatto scelte saggie e giuste.

Il fatto di vedere le cose in chiave vittimistica, o tirare in ballo sempre le scelte dell’occidente, denota una mentalità che non segue il pendolo della storia: con l’iraq è stato così ma non per questo è sempre così, i paesi islamici hanno avuto classi dirigenti marce che con la propaganda anti-occidentale hanno giustificato i loro soprusi. L’esempio, per loro, deve essere invece la politica indiana: lì non tirano in ballo la dominazione inglese per giustificarsi, e i risultati ci sono.”

Si chiude, sempre su richiesta dal pubblico con alcuni semplici consigli su come sopravvivere in questo mondo nuovo, difficile ma dal quale non si può tornare indietro: Informarsi leggendo cose scomode e sorprendenti; diffondere la cultura delle regole; e soprattutto riscoprire il senso dell’aiuto reciproco: «Islanda e Irlanda hanno avuto crolli economici mostruosi, ma hanno riscoperto il senso della condivisione e dell’aiutarsi: si sono entrambe rialzate economicamente, ma soprattutto è aumentato l’indice di felicità. In Italia tutto questo nn c’è stato, e non ci siamo ripresi economicamente e siamo sempre più infelici: non è un caso…»

 

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