Il 1915 è un anno cruciale per il mondo. La guerra sta consumando l’Europa, ma in America c’è tempo e disponibilità economica per creare i primi film che saranno considerati film veri e propri: con trame ben costruite, scene legate dal montaggio (non più quadri singoli), più storie raccontate allo stesso tempo in un film e caratterizzazione profonda dei personaggi. Se si parla di pionieri, tutti naturalmente pensano a David Griffith, il quale, proprio nel 15 creava il suo discusso capolavoro The Birth of a Nation: film legato agli ideali del KKK e che ancora oggi viene chiamato il primo film ben riuscito interamente dal punto di vista registico, seppur con ideali molto estremi e incondivisibili. Parlando di Les Miserables, abbiamo adoperato la descrizione di “film ingiustamente ignorato dalle storie del cinema”. Per Der Tunnel di William Wauer, succede esattamente la stessa cosa. Non siamo più in America, anche se il film è ambientato là, ma in Germania, dove al momento c’era la guerra.

Proprio nel 1915, quest’anno fondamentale per la storia del cinema, Wauer crea una delle opere meglio riuscite dell’epoca, con temi chiaramente polemici, ma soprattutto adoperando molto bene le innovazioni cinematografiche della scuola di Brighton (pionieri del montaggio in Inghilterra) e i primi colossal italiani (in primis, quelli di Giovanni Pastrone). Der Tunnel è la storia di un ingegnere (ricordiamo che a inizio novecento gli ingegneri erano il modello da seguire, l’uomo che tutti i bambini volevano diventare e che le donne volevano sposare) che ha la gigantesca pretesa di creare un tunnel che colleghi via treno l’America e l’Europa. Proprio durante la guerra, proprio quando si avverte di più la necessità di coesione tra il mondo nuovo e il vecchio continente, Wauer ha il sorprendente coraggio di proporre un film in cui la potente ed affermata rivoluzione industriale può creare mostri, morti, catene di montaggio, uomini poveri ed infelici. Ed è qui che sta la grandezza del film di Wauer: metà del film si basa su scene di folle che vengono ingiustamente picchiate, o che insorgono contro quel mostro chiamato progresso, che prima li illude, e poi mette in pericolo la loro vita. La domanda a questo punto del film è: è proprio necessario dare ascolto alla sete di potere? Può veramente migliorare l’umanità? Ebbene, proprio nel momento in cui sembra che Wauer si schieri dalla parte di coloro che pensano che il progresso porta solo mali, si mette dalla parte degli ottimisti. Il tunnel può veramente essere una risposta al fallimentare Titanic di solo tre anni prima. E’ vero, ammette anche lui che molte persone possono morire nell’intento di fare un’impresa così grande, ma come nei grandi monumenti, vale la pena che persone si sacrifichino per un bene maggiore. Discutibile. Però questo è il messaggio che traspare nell’innovativo film di Wauer. Un film in cui ci sono già movimenti di macchina (all’epoca esistevano per lo più solo inquadrature fisse), in cui il dinamismo viene dettato dalle scene con le folle, molto ben gestite, in cui il dramma è reso perfettamente, e che coinvolge, stupisce. E’ un film innovativo.

Ora non ci resta naturalmente che augurarci che i manuali di storia del cinema possano dargli i riflettori che merita, perché nonostante i suoi ideali un po’ superati, è figlio dei suoi tempi. Oltre ad essere registicamente innovativo, è anche un documento degli ideali e dell’immaginario collettivo dell’epoca.

Last but not least– è divertente ed interessante vedere che Wauer si immagini gli anni 30 (all’epoca era il futuro) capaci di installare macchine da presa capaci di trasmettere in simultanea a distanza, seppur sottoterra.

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