La lingua in cui scrivo è carente, la sua grammatica il duale necessario per coniugare e declinare senza equivoci la sostanza continua della vita.

Se si volesse riassumere in una frase quest’opera dell’autore triestino Claudio Magris, queste sarebbero le esatte parole che personalmente utilizzerei.

Che cos’è il Danubio? Questa è la domanda guida – il Leitmotiv – che guida la narrazione di questo libro. Che mondo si apre attorno al Danubio? Quale orizzonte di esistenza nasce lungo le sue sponde? Il Danubio è un fiume tedesco? L’Impero Austro-Ungarico è un impero tedesco? Questo è un libro di domande, le quali nella maggior parte dei casi ricevono risposte ambigue, appunto, doppie: è sempre un “sì, ma”, “sì, ma non proprio” o un “sì, ma non solo”. Il Danubio e ciò che dimora lungo le sue sponde è ambiguo, incerto, duplice quando va bene, multiplo quando va meno bene, e un caos inestricabile quando va il peggio possibile.

Il libro si configura come quasi un volo aereo che segue il percorso del grande fiume, e la narrazione si ferma casualmente a narrare vicende legate ai luoghi attraverso i quali scorre il fiume. Come le buone narrazioni, si parte dall’inizio, dalle sorgenti del Danubio: incerte, forse l’acqua che esce da un rubinetto o da una grondaia, forse un affluente, forse un altro. Insomma, il Danubio, come moltissime grandi cose, nasce dal nulla, dall’incertezza e dal caso. Si coglie un certo – quasi ironico – carattere fatalistico tipicamente austro-ungarico nelle origini della Donau così come si coglie una fatalistica nota nella storia, ma specialmente nelle ultime vicende della Donaumonarchie. 

L’Impero Austro-Ungarico è un impero tedesco, ma non lo è propriamente. È un impero forte, ma che crolla tragicamente sulle sue differenze, ma solo nel momento in cui quelle differenze, abbastanza rapidamente, divengono importanti, quando il cattolicesimo e la Donaumonarchie non bastano più a tenere insieme nazioni di schiatta diversa. Una delle tante contraddizioni che questo libro presenta: la lotta tra l’uno e il molteplice, l’uno e il bino, che si fa politica, o meglio geopolitica. La contraddizione tra il pensiero forte ed enciclopedico del XIX secolo e il pensiero debole che si sviluppa alla fine dello stesso secolo e dà il via alle tragiche consapevolezze di nullità del ‘900, che porteranno al crollo degli imperi e allo sconvolgimento della Prima Guerra Mondiale, che agli occhi di chi apparteneva al secolo XIX poteva giustamente sembrare una guerra civile.

Lungo il Danubio vengono al mondo alcuni dei più grandi elementi della nostra storia, da Sul Bel Danubio Blu a Heidegger, dal sogno dell’Impero pacifico, multinazionale e fraterno, agli orrori di una guerra, la Prima, che porta allo spaventoso dominio del nazionalismo e delle ideologie che coloreranno di odio buona parte del ‘900; dall’Ancien Régime alla sua morte sotto le cannonate.

Danubio di Magris offre un quadro maniacalmente completo ma allo stesso tempo del tutto casuale del mondo del Danubio: una casualità che è intrinseca caratteristica di questo mondo, senza il quale non se ne possono capire le origini, la crescita e la morte.

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