Non è molto noto a livello storico generale, ma la fine della Grande Guerra non corrispose alla fine delle sofferenze e delle morti di questo oscuro periodo della nostra storia recente. In occasione di Pordenonelegge, Riccardo Chiaberge, giornalista ed ex-direttore del supplemento del Sole 24 Ore, incalzato dalle domande di Marcello Fois, ha presentato un altro grande nemico di quel periodo: la febbre spagnola.

L’idea del libro “1918, la grande epidemia: quindici storie della febbre spagnola“, presentato in questa occasione, nasce davanti a uno spritz quasi in maniera casuale, nell’ottica di raccontare un’esperienza che più che rimanere nel racconto delle vicende storiche è tipica della memoria individuale e collettiva. In una sintesi introduttiva, si assiste alla conclusione dell'”inutile strage” della Grande Guerra e all’inizio di qualcosa di ben peggiore.

La spagnola deriva il suo nome dalle notizie riportate da giornalisti spagnoli su un’epidemia scatenatasi in America e diffusasi nel Vecchio Mondo a partire dalla Spagna. Essa comparve e scomparve di colpo: non c’era modo di isolare il virus, nonostante le tecnologie e il loro sviluppo massimamente elogiato dai positivisti e dai futuristi; la medicina era impotente.

Se la guerra aveva comportato per l’Italia in tre anni circa 680.000 morti, la febbre spagnola in appena tre mesi aveva mietuto circa 100.000 vittime. Di questi morti non vi è memoria pubblica, nessun monumento al caduto per tale febbre venne mai eretto. Permane, come detto, una memoria individuale, privata, di chi all’epoca visse l’esperienza e ne tramandò il ricordo.

La struttura del libro verte sul racconto di quindici esperienze, tra morti e sopravvissuti all’epidemia, intervallate da stralci di giornali d’epoca e documenti d’archivio inediti. Questi in particolare suggeriscono la psicologia tipica del sistema mediatico e informativo, sorprendentemente simile ai giorni nostri: dal dettaglio tipico della stampa francese a quello fatalista della stampa italiana; una psicologia che comunque resta di difficile interpretazione nel suo complesso.

La scelta dei personaggi è avvenuta attraverso la loro significatività particolare: la spagnola è riassumibile nella metafora di un folletto che scompagina i destini collettivi e individuali. Figure come Apollinaire, Shiller o Munch rappresentano come il mondo intellettuale che ha affrontato il male della malattia, sconvolto e probabilmente al tempo stesso ispirato da questa piaga che il trascorrere del tempo ha sepolto nei meandri del ricordo.